Facebook non attenta al diritto d’autore dei netizen, non intende appropriarsi delle loro vite online, né arrogarsi inquietanti diritti sui contenuti postati. Le modifiche alle condizioni di utilizzo del servizio, spiegano da Facebook, sono da imputare alla realtà contingente: se l’utente abbandona il social network, la piattaforma non può assicurare la rimozione dei contenuti che lui stesso ha disseminato fra i nodi della propria rete sociale.
L’apprensione era montata nei giorni scorsi. Una modifica ai terms of service stabiliva che, oltre a detenere una licenza perpetua, irrevocabile e trasferibile che consente ai gestori della piattaforma di fare ciò che vogliono dei contenuti postati dagli utenti, Facebook si sarebbe riservato di conservare i contenuti postati dai netizen che avessero disattivato il proprio account.
Se la licenza che Facebook detiene sui contenuti pubblicati era già parte del precedente contratto con l’utente e sembra costituire uno standard presso i fornitori di servizi che operano online, viene ora a mancare la disposizione con cui Facebook assicurava al netizen la possibilità di rimuovere in qualsiasi momento il materiale postato, una rimozione che avrebbe automaticamente fatto decadere tutti i diritti di sfruttamento che la piattaforma rivendicava sui contenuti.
Facebook cessa ora di informare l’utente dello status dei contenuti che rimangono depositati nei server anche dopo l’abbandono della piattaforma: le speculazioni si sono affollate online, al di qua e al di là dell’oceano. Fra i cittadini della rete erano in molti a temere che il contratto con Facebook equivalesse a consegnare tutta la propria vita online alla piattaforma, che avrebbe potuto disporre a proprio piacimento di dati e contenuti. I gruppi organizzati con lo scopo di catalizzare il dissenso sono proliferati sulle stesse pagine del social network che sarebbe responsabile di vampirizzare la vita online dei cittadini della rete.
Mark Zuckerberg, a capo di Facebook, è intervenuto sul blog ufficiale del servizio per placare i tumulti. “La nostra filosofia – così rassicura i netizen – prevede che le persone possiedano le loro informazioni e che siano loro a decidere con chi condividerle”. Perché Facebook dovrebbe trattenere queste informazioni fino alla fine dei tempi? “Quando una persona condivide qualcosa come un messaggio con un amico, si creano due copie di quella informazione: una nella sua posta inviata e una nella casella di posta in arrivo dell’amico”. Anche qualora un utente decidesse di non fruire più del servizio, non si potrebbe imporre al destinatario del messaggio di rimuovere la comunicazione che ha ricevuto dalla persona che ha serrato l’account.
Nessun intento spionistico, nessuna cospirazione pubblicitaria. Zuckerberg chiarisce che Facebook non approfitterà delle informazioni ricevute dagli amici di coloro che hanno rinunciato a partecipare: la licenza serve a Facebook semplicemente per continuare a garantire agli amici iscritti la possibilità di accedere alle informazioni che gli amici rimossi hanno condiviso con loro e che eventualmente si fossero diffuse in maniera virale .
Sono questioni importanti e intricate, ricorda Zuckerberg: coesistono le istanze di coloro che esigono il controllo sui propri dati e le istanze di coloro che vorrebbero disseminare dati e informazioni altrui presso altri utenti e altri servizi, coesistono le istanze di coloro che considerano Facebook come una vetrina e di coloro che considerano Facebook come uno strumento di comunicazione fra persone che si conoscono. Zuckerberg chiede agli utenti di avere fiducia.
Gaia Bottà