Una fitta trama di satelliti, con i quali costruire una rete a banda larga in grado di dare copertura a tutto il territorio sottostante: un progetto simile è già stato abbracciato più volte negli anni, più o meno sempre con esito fallimentare, ma il prossimo protagonista potrebbe non essere un nome qualunque: il prossimo brand a tentare questa avventura sarà, infatti, Facebook.
Quello che Facebook vuol fare è lanciare una serie di satelliti in grado di gravitare su orbite relativamente basse (tra 150 e 2000km di altezza), creando una fitta trama di connessioni in grado di portare la banda larga laddove per una serie di motivi (geografici e geopolitici in primis) Internet non può altrimenti arrivare. Il paradosso apparente è nel fatto che solo nelle settimane scorse Facebook aveva ufficialmente abbandonato il proprio progetto Aquila, spiegando di voler delegare lo sviluppo dei droni a nuovi gruppi in grado di collaborare (Airbus in primis) per tenere per sé la sola progettazione relativa agli apparati di connettività.
Ora, grazie alle indagini portate avanti da Wired USA, Facebook è costretta a venire allo scoperto: il progetto dei satelliti è cosa reale ed i primi lanci potrebbero avvenire già nel 2019. Con ogni probabilità il team di Zuckerberg vuole standardizzare e unificare le ricerche sulla connettività in attesa di trovare il miglior vettore per la copertura del territorio: così come Google con il proprio “Loon” ha già scelto dei palloni in grado di volare a grandi altezze, Facebook si è avventurato nei droni prima e nei satelliti ora in cerca delle migliori performance.
I satelliti sarebbero stati progettati e sviluppati all’interno del progetto “Athena” e dovrebbero garantire in terra connessioni ad alte performance. Il problema intrinseco alle reti satellitari è nel fatto che si porta by design un alto tempo di latenza che con alcune applicazioni può essere aspetto vincolante (es. VoIP). Non è certo la latenza a poter fermare lo sviluppo di Internet laddove Internet proprio non arriva del tutto: email, social networking, streaming, navigazione e altre espressioni sono comunque grandi passi avanti in zone del globo fin qui non raggiunte da tali servizi.
Ogni giudizio etico su sforzi di questo tipo andrà rinviato a data da destinarsi. Al momento le sperimentazioni dei grandi gruppi sono ferme alle tecnologie di volo, ma sembra dimostrato come una volta risolto questo aspetto si potrà partire rapidamente nella copertura e nello studio delle migliori formule di offerta. Quella che secondo alcuni è una particolare forma di neocolonialismo (ogni gruppo tenderà ad offrire i propri servizi in cambio dello sforzo compiuto con questo investimento, e del resto nessuno ha mai venduto tali iniziative come slanci pro bono), secondo altri è semplicemente un abissale passo in avanti per popolazioni prive di altri strumenti di conoscenza. La verità è probabilmente nel mezzo, come lo è sempre stata in passato in momenti di passaggio di questo tipo.