Ad un giorno dalla creazione dell’ evento Facebook dedicato alla protesta di strada a supporto dell’attivista Alexei Navalny, che rischia una condanna a 10 anni di carcere con l’accusa di appropriazione indebita, gli iscritti erano già 12mila. Dopo poche ore, la pagina risultava irraggiungibile per i netizen russi, o per coloro che avessero registrato in Russia il proprio account sul social network.
Navalny, avvocato 38enne che si è fatto portavoce di una campagna anticorruzione nei confronti della amministrazione russa e che non ha esitato a schierarsi apertamente contro il presidente Putin, guadagnandosi tre processi per diffamazione, attende per il 15 gennaio 2015 il verdetto per le ultime accuse di truffa e appropriazione indebita formulate a suo carico, accuse che lo stesso Navalny ha denunciato come infondate e strumentali, volte a soffocare il dissenso di cui si è fatto latore. Proprio per il 15 gennaio certa parte della società civile russa ha in programma di manifestare, organizzando una protesta con la mediazione di una pagina Facebook .
Ma nella giornata di sabato le autorità della Roskomnadzor, il servizio federale per la supervisione della sfera delle telecomunicazioni, dell’information technology e delle comunicazioni di massa, hanno decretato il blocco della pagina entro i confini della Rete russa : il quadro legislativo locale permette di soffocare l’organizzazione di manifestazioni non autorizzate, quale quella in corso su Facebook, per cui non è stato richiesto formalmente il consenso alle autorità.
I cittadini russi che non si siano organizzati per aggirare il blocco con strumenti quali VPN, hanno dato vita a una seconda pagina Facebook , che per ora risulta accessibile e conta 20mila adesioni. C’è chi ha segnalato a Facebook il blocco, e alla richiesta dei media un portavoce del social network ha dichiarato che l’azienda “sta esaminando la situazione”. Vkontakte, social network russo di recente passato sotto il controllo di imprenditori vicini al Cremlino, ha reso inacessibile un gruppo simile a quello creato su Facebook giustificando il blocco con l’ordine pervenuto dalle autorità.
“Pensavo che avrebbero almeno richiesto l’ordinanza di un tribunale – così si è espresso Navalny nei confronti del social network statunitense – invece che affrettarsi a bloccare le pagine non appena i mascalzoni del Roskomnadzor lo richiedano”. Facebook potrebbe però soffrire della scomoda posizione in cui è stato confinato dalle leggi recentemente approvate in Russia, che obbligano le multinazionali dell’ICT a conservare i dati degli utenti russi su server locali , prostrandoli alle esigenze di ispezione e controllo da parte del Cremlino. Google, per questo motivo, starebbe meditando di abbandonare le operazioni nel paese.
Gaia Bottà