Si stringe la rete di Facebook intorno a Paul D. Ceglia, il newyorkese che ha insidia i gemelli Winklevoss come nemico numero uno del social network in blu e contro cui dice ora di avere la cosiddetta “pistola fumante”.
Dopo aver avuto ragione sui gemelli di Harvard, che hanno alzato bandiera bianca rinunciando a ricorrere alla Corte Suprema, Facebook ha concentrato le sue forze legali sull’altra spina nel fianco conficcata nelle sue origini, Paul D. Ceglia, il newyorkese che accampa diritti sull’84 per cento del social network in base ad un contratto che avrebbe stipulato con Zuckerberg nel 2003 e che prevedeva la cessione del 50 per cento delle azioni (più bonus) di quello che allora era l’imminente progetto The Facebook .
Facebook ha sempre sostenuto, al contrario, che Ceglia altro non è che un esperto di frode che ha prodotto i documenti falsi portati in tribunale a sostegno della sua tesi.
Segnali che per Ceglia si mettesse male vi erano peraltro già stati: alla rinuncia dei Winklevoss occorre sommare l’ abbandono della sua causa da parte della società internazionale legale DLA Piper, senza apparenti motivi.
Ora Facebook dice di avere dei documenti che dimostrano in modo inconfutabile la sua tesi e che descrivono quanto trovato sul computer di Ceglia .
Fra questi vi sarebbe il “contratto autentico” stipulato da Ceglia e Zuckerberg, che non contiene, a differenza di quello messo agli atti dal newyorkese, alcun riferimento ad eventuali investimenti su Facebook.
Di che si tratta di preciso, tuttavia, non è ancora dato sapere: i documenti rimangono tra quelli per cui – dice il social network – gli avvocati di Ceglia hanno chiesto la riservatezza .
Claudio Tamburrino