Facebook sta lavorando ad un app attraverso cui permettere agli utenti di interagire tra loro senza bisogno di utilizzare i propri veri nomi . Si tratta di una svolta importante per il social network che ha fatto dell’identità dei suoi utenti la sua bandiera: d’altronde non bisogna dimenticare che è nato come modo per collegare gli studenti dei college americani, quindi una stretta cerchia di persone interconnesse tra loro e in grado di cercarsi online per nome, ed è in questo modo il social network si è distinto dal resto delle comunità online caratterizzate da pseudonimi ed anonimato.
Questa politica si è trovata recentemente al centro delle polemiche in seguito ai problemi avuti dalla Drag Queen Sister Roma e alle sue conseguenti accuse di discriminazione : non solo lei riferisce di sentirsi Sister Roma da ormai 27 anni e di non riconoscersi più con il nome di nascita Michael Williams, ma spesso – sottolinea – dietro la scelta di un nome diverso vi è un serio bisogno di anonimato o la semplice volontà di allontanarsi da sofferenze, relazioni abusive o comunque un passato che si vuole abbandonare. La drag Queen si è dunque fatta portavoce delle istanze di un vasto gruppo di persone, in particolare della comunità LGBT, che alla fine ha costretto il social network a porgere le proprie scuse ed a promettere cambiamenti in materia.
Questi arriveranno le prossime settimane, almeno inizialmente sotto forma di un’app apposita: rappresenta il primo risultato del progetto cui Josh Miller, manager arrivato a Facebook con l’ acquisizione della sua startup Branch che offriva servizi per piccoli gruppi di discussione, sta lavorando da un anno. Non vi sono particolari dettagli su come quest’app servirà a Facebook ad affrontare la questione dell’anonimato, ma sembra che offrirà un modo per utilizzare uno pseudonimo tutte quelle volte che si vorrà affrontare una discussione che non si vuole associare direttamente al proprio profilo. Miller, dopo queste indiscrezioni, ha confermato di stare lavorando a qualcosa: ma ha anche precisato che ogni app deve avere uno scopo, oltre a una premessa, e dunque associare il suo operato “solo” all’anonimato potrebbe essere un errore.
Facebook in queste settimane dovrà probabilmente affrontare un’altra questione legata alle identità dei suoi utenti: a quanto pare la DEA ( Drug Enforcement Agency , le forze di polizia specializzate in crimini legati alla droga) ha utilizzato le foto di una donna ottenute da un cellulare tra i beni di una refurtiva per creare un finto profilo per stanare trafficanti.
La vittima di questo peculiare furto di identità ha provveduto a denunciare l’agente di polizia responsabile e, per quanto il social network abbia già provveduto a bloccare il profilo incriminato, la DEA continua a ribadire di aver tutto i diritto di agire in tale maniera in quanto la donna aveva dato il consenso all’utilizzo nelle indagini del suo cellulare e delle informazioni contenute in esso.
Claudio Tamburrino