Fa discutere la nuova vicenda scaturita dall’incontro tra il social network di Facebook e l’advertising di Zynga , uno “scandalo” dove Facebook gioca la parte del difensore dei consumatori-utenti e il provider di giochini social con guadagni reali quella dell’appestatore di truffe incentrate sul grande tema degli stimoli monetari all’economia statunitense, impacchettati con generosità dalla politica di Capitol Hill in questi mesi di turbolenta crisi economica e finanziaria.
Già a luglio Facebook aveva disabilitato due network di advertising su cui poggiavano le sorti economiche di un centinaio di appliace web, e ora la scure del logoff forzato si abbatte su altre due reti (relative appunto a software marcati Zynga) accusante di favorire la proliferazione di offerte truffaldine mettendo in pericolo le finanze e la fiducia dei consumatori-utenti del social network.
“Gli ad ingannevoli sono un problema diffuso su tutto il web che noi combattiamo in maniera aggressiva”, spiega Nick Gianos sul blog degli sviluppatori di Facebook. “Riconosciamo che il monitoraggio degli ads non è esattamente la prima area di interesse per un imprenditore che comincia con le applicazioni social” continua Gianos, nondimeno le regole per fare business con Facebook sono chiare e chi non le rispetta non può che aspettarsi di finire nel mirino dei repulisti periodici del portale .
La responsabilità degli ads valgono sia per i network pubblicitari che per gli sviluppatori, avverte Facebook, e in entrambe i casi la decisione censoria del portale social ha portato alla decisione speculare di eliminare l’uso dei banner da un lato (Zynga) e la presa di responsabilità del network di advertising (DoubleDing) dall’altro.
I responsabili dello scandalo offrono le proprie scuse e si dicono pronti a mondare software e piattaforme di ad dai contenuti che hanno fatto infuriare Facebook. Nel caso di Zynga, l’eliminazione dei banner – di tutti i banner – pubblicitari dai suoi giochi comporta la decurtazione di un terzo degli introiti della società stimati in 250 milioni di dollari. Soldi veri per pubblicità e beni virtuali .
Alfonso Maruccia