Più trasparenza sulle pratiche di acquisto e sulle modalità rimborso per i genitori che chiedano risarcimenti per gli incauti acquisti da parte dei minori: con questi impegni volge al termine una class action con la quale delle famiglie statunitensi rivendicavano da Facebook un cambiamento alle proprie policy, modifica che da principio il social network non riteneva necessaria, scaricando invece sui genitori la responsabilità di vigilare sulle transazioni.
Era il 2012 quando una madre muoveva contro Menlo Park per contestare la facilità con cui il figlio aveva sperperato centinaia di dollari in acquisti nel contesto del social game “Ninja Saga”, dopo una prima autorizzazione a spendere 20 dollari, e per denunciare la complessità delle procedure per accedere alle richieste di rimborso. Alla sua rivendicazione si univa poi quella di un’altra famiglia, il cui pargolo aveva dissipato oltre mille dollari in acquisti non autorizzati. Il social network, nel ripercorrere l’evolvere della propria piattaforma dedicata alle transazioni, passata dal sistema dei Credits al servizio Pagamenti, ammetteva la possibilità di ottenere dei rimborsi sulla base delle leggi statunitensi, che riconoscono l’invalidità dei contratti stipulati da minori non pienamente consapevoli. Al tempo stesso però, Facebook sosteneva l’inammissibilità di una class action, in quanto le situazioni si sarebbero dovute valutare caso per caso.
Il giudice incaricato di valutare le ragioni delle parti, in accordo con Facebook, aveva dichiarato inopportuno prevedere un fondo comune per rimborsare senza distinguo le famiglie vittime dei piccoli dalle mani bucate, ma aveva autorizzato lo status di class action.
Senza la nacessità di negoziare sull’entità del rimborso, l’accordo è stato pressoché immediato: al pari di Google e Apple , che in passato hanno adeguato i propri meccanismi di acquisti in-app per scongiurare le transazioni impreviste, Menlo Park ha accettato di aggiustare le proprie procedure di acquisto per raccomandare con più insistenza ai minori di ottenere il consenso dei genitori. A cambiare saranno anche le condizioni d’uso, che ammetteranno esplicitamente lo storno delle transazioni ai sensi della legge, e il sistema di gestione dei risarcimenti, che sarà reso più trasparente.
L’accordo, attenendosi a quanto prescritto in precedenza, probabilmente verrà approvato dal giudice. E accontenterà i genitori, che potranno presto ottenere quanto richiesto e potranno confrontarsi individualmente con Facebook per avanzare eventuali domande di risarcimento.
Resta nelle mani della giustizia il destino del conto presentato dai legali che hanno portato avanti la class action: per il servizio reso chiedono 1,25 milioni di dollari.
Gaia Bottà