Facebook, no alla riscossione crediti

Facebook, no alla riscossione crediti

Esortare insistentemente e pubblicamente al pagamento di crediti su Facebook è da considerarsi una pratica non lecita. A stabilirlo è un giudice della California
Esortare insistentemente e pubblicamente al pagamento di crediti su Facebook è da considerarsi una pratica non lecita. A stabilirlo è un giudice della California

Gli esattori non devono dotarsi dei social network per sollecitare il pagamento di debiti. È quanto stabilito da un giudice della Florida chiamato a valutare un recente caso in cui una donna, Melanie Beacham, aveva fatto causa ad una agenzia di recupero crediti dal nome MarkOne .

A riportare la notizia è Orlando Sentinel che ha specificato che la donna aveva ricevuto circa 23 chiamate al giorno dal funzionario di recupero crediti e successivamente, quando l’incaricato era riuscito a rintracciare il profilo su Facebook della donna, aveva ricevuto parecchi messaggi pubblici molto imbarazzanti che la esortavano al pagamento sulla bacheca del sito in blu.

Inoltre la società in questione aveva inoltrato tali messaggi a tutta la lista degli amici della donna, comunicando il mancato e ritardato pagamento. La donna, che non disponeva della cifra per pagare il suo debito, si è rivolta ad un avvocato ed ha vinto la causa. Il giudice ha posto freno alle incessanti telefonate e messaggi pubblici che imbarazzavano la donna: esistono dei limiti per esortare al pagamento. Questa decisione è la prima del suo genere e stabilisce che valgono per i social media le stesse regole stabilite per le chiamate e gli SMS. La sentenza contiene gli agenti del recupero crediti pronti a utilizzare qualsiasi mezzo necessario per ottenere il ritorno del loro denaro da individui sotto pressione finanziaria.

A seguito della vittoria in tribunale l’avvocato della donna vittima di tale disagio, Billy Howard, ha dichiarato che quando l’esortazione al pagamento non riguarda più solamente esattore e creditore, ma si allarga alla rete sociale dell’individuo, sono sintomo di “una nuova era di molestie”.

Raffaella Gargiulo

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Pubblicato il
2 mag 2011
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