Facebook non accetta replicanti, non è disposta a condividere con altre aziende il proprio successo e la ricetta per ottenerlo. Il servizio di social networking si è scagliato con un’azione legale contro un analogo portale tedesco: non basta cambiare il colore di fondo per mascherare una copia.
StudiVZ si fregia di una grafica pulita che ha consentito al social network di irretire 10 milioni di utenti tedeschi, austriaci e svizzeri. Fa leva su servizi per studenti, si accattiva l’apprezzamento del pubblico offrendo profili attraverso i quali interagire, comunicare, ospitare commenti. Lanciata nel 2005, StudiVZ è presto stata identificata come un emulo di Facebook, un emulo promettente e in forte crescita.
È chiaro il modello a cui si sono rifatti Ehssan Dariani e Dennis Bemmann, i due studenti che hanno investito in StudiVZ: talmente chiaro che Facebook si è avventata contro l’azienda con una denuncia per violazione della proprietà intellettuale . Sarà perché da qualche mese Facebook è operativa sul territorio tedesco, sarà perché il successo di StudiVZ inizia a farsi pressante: dal portalone hanno accusato l’azienda tedesca di “aver copiato l’aspetto, le modalità di interazione, le funzioni i servizi di Facebook”.
Ora è Facebook ad interpretare il ruolo dell’accusa, a differenza di quanto avvenuto nella battaglia legale che l’ha contrapposta a ConnectU, l’azienda che fino a pochi giorni fa reclamava indefessa la paternità dell’idea sfruttata da Facebook. La denuncia è stata ora depositata dai legali di Facebook presso un tribunale californiano: StudiVZ avrebbe riprodotto pedissequamente ogni meccanismo sul quale Facebook fonda il proprio successo. Non sarebbe che un calco, accusano dal servizio di social networking, un calco che StudiVZ avrebbe tinteggiato di rosso , “sostituendo lo schema di colori blu di Facebook”.
Per questo motivo si chiede che StudiVZ “ponga fine alla propria attività illegale per assicurare che gli utenti non siano confusi e che la reputazione di Facebook rimanga intatta”. Facebook reclama inoltre un risarcimento danni , giustificato dal fatto che “come ogni prodotto contraffatto, gli standard di qualità fuori controllo per il servizio, le funzioni e la protezione della privacy di StudiVZ impattano negativamente sull’articolo originale”.
Ma StudiVZ non ci sta: Marcus Riecke, a capo dell’azienda tedesca, sostiene che la mossa di Facebook sia il tassello di una strategia competitiva che l’azienda non ha saputo sostenere con mezzi ordinari sul mercato teutonico. “La loro strategia – accusa Rucke – sembra essere se non puoi batterli, denunciali “, e in un mercato che si affolla di social network, Facebook non può rivendicare alcunché: “Facebook – suggerisce il dirigente – non è il primo social network e non è certamente l’unico”.
La autorità devono ancora pronunciarsi riguardo alla vicenda, mentre numerosissimi cloni arrembano i mercati locali, negletti da Facebook. Se dovessero ripercorrere le mosse di Facebook seguendo le orme del redisign potrebbero guadagnarsi una denuncia.
Gaia Bottà