Facebook: non vi sacrifichiamo alla pubblicità

Facebook: non vi sacrifichiamo alla pubblicità

Il sito in blu condividerebbe con gli inserzionisti solo dati anonimi ed aggregati. Aziende e brand indicherebbero solo il proprio target, successivamente selezionato in base a interessi e categorie demografiche
Il sito in blu condividerebbe con gli inserzionisti solo dati anonimi ed aggregati. Aziende e brand indicherebbero solo il proprio target, successivamente selezionato in base a interessi e categorie demografiche

“Non vendiamo le vostre informazioni personali, a nessuno. Non le condividiamo con gli inserzionisti. Si tratta di dati protetti, appartenenti solo a voi. E non importa quali impostazioni per la privacy abbiate scelto; questa protezione vale sia per quelli che condividono in maniera del tutto aperta che per quelli che selezionano gli amici”.

Così il Chief Operating Officer di Facebook Sheryl Sandberg, recentemente intervenuta con un lungo post sul blog ufficiale del sito in blu. Un articolo ben mirato, intitolato Il ruolo della pubblicità su Facebook . Un ruolo – sorpresa – social, che permetterebbe a milioni di utenti di entrare maggiormente in contatto con aziende e brand .

L’advertising sarebbe dunque parte integrante del vasto ecosistema social che è attualmente Facebook, dal momento che “ha cambiato l’esperienza di ricerca sul web”. Il sito in blu sarebbe stato pensato anche per questo, per fornire agli utenti messaggi pubblicitari mirati, in base ai rispettivi interessi .

“Il nostro sistema – ha spiegato Sandberg – sceglie quale pubblicità mostrarvi. Non abbiamo perciò bisogno di condividere i vostri dati con gli inserzionisti, affinché poi questi confezionino messaggi per voi rilevanti”. Aziende e brand non farebbero altro che indicare a Facebook il proprio target , successivamente selezionato dal sito in blu per la visualizzazione in bacheca.

“Le uniche informazioni che forniamo alla pubblicità – ha continuato Sandberg – sono rappresentate da dati anonimi e aggregati. In modo che gli inserzionisti possano sapere quante persone hanno ricevuto il loro messaggio e soprattutto che tipo di persone”. Questo per confezionare abiti pubblicitari migliori, a misura d’uomo social.

Mauro Vecchio

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Pubblicato il
8 lug 2010
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