In tempi di pace fiscale, anche Facebook scende a patti con il paese e versa una quota pari a 100 milioni di euro per porre fine alle controversie che vedevano il social network di Mark Zuckerberg opposto alle contestazioni dell’Agenzia delle Entrate. 100 milioni di euro, dunque, per mettere definitivamente una pietra sopra il caso, in attesa di capire come evolverà la situazione negli anni a venire.
Recita una nota dell’Agenzia delle Entrate concernente il caso, così come riportata da La Repubblica:
Il percorso di definizione tra Agenzia delle entrate e Facebook si è basato su una parziale riconfigurazione delle contestazioni iniziali, senza alcuna riduzione degli importi contestati, e darà luogo ad un pagamento di oltre 100 milioni di euro complessivamente riferibili a Facebook Italy S.r.l.
Il caso Facebook, sebbene discusso come caso a sé stante dai responsabili del Fisco, non può essere tuttavia valutato come entità singola: in discussione v’è infatti l’intero rapporto tra il fisco italiano e le grandi multinazionali che, pur operando stabilmente in Italia, versano un obolo troppo leggero al nostro paese. In questi anni i “big” hanno dovuto pagar tutti pegno ed è stato questo il turno di Facebook. Da cui giunge anche una presa d’atto che viene altresì rapidamente girata in fattore positivo nei rapporti tra le parti:
Abbiamo raggiunto un accordo con l’Agenzia delle Entrate per definire l’accertamento in corso. Agiamo in conformità alle leggi locali in Italia e in tutti i paesi in cui operiamo e continueremo a collaborare con tutte le autorità italiane. Siamo orgogliosi del nostro impegno verso l’Italia a sostegno della crescita delle imprese locali e dell’ecosistema digitale nel suo complesso.
Con 100 milioni di euro (non certo una cifra impossibile per un gruppo come Facebook) si mettono in archivio tutte le controversie relative agli anni 2010-2016. In futuro invece ci si aspetta che una qualche forma di Web Tax (di ispirazione europea o di matrice nazionale) possa far luce sul comparto ed evitare così che debba essere l’Agenzia delle Entrate a riscuotere in ritardo quanto accertato.