Il cerchio si è chiuso, finalmente. Perché se c’è una cosa di cui proprio non abbiamo bisogno è aggiungere confusione a confusione. E anche quando la realtà dei fatti non è di nostro gradimento, quando le appiccicheremmo volentieri un dislike, dobbiamo essere sufficientemente obiettivi da scindere il giudizio sul modo di presentare qualcosa e sul suo contenuto. Essere trasparenti in merito alla posizione assunta su un tema importante come quello legato alla privacy è cosa giusta ancor prima che un dovere, soprattutto se ti chiami Facebook e gestisci una comunità che riunisce una buona fetta della popolazione mondiale.
Facebook contro Apple: questione di privacy e trasparenza
Il riferimento è alla guerra che questa settimana il social network ha dichiarato ad Apple e più nel dettaglio all’iniziativa messa in campo dalla mela morsicata per offrire agli utenti un maggiore controllo sui dati che li riguardano. In estrema sintesi, Zuckerberg e i suoi si sono scagliati contro la società di Cupertino perché l’introduzione di una nuova policy prevista per il 2021 impedirà a sviluppatori e piattaforme di raccogliere ed elaborare le informazioni inerenti l’attività online (principalmente mediante tracciamento) senza aver prima ottenuto l’esplicito consenso da parte dei diretti interessati. Rimandiamo agli articoli pubblicati mercoledì e giovedì per approfondimenti.
Facebook combatte la sua battaglia, che riteniamo legittima, ergendosi a paladino di quelle piccole realtà imprenditoriali che soprattutto negli ultimi mesi martoriati dalla pandemia sono state in grado di raggiungere nuovi clienti e fidelizzare quelli già acquisiti facendo leva sugli strumenti dell’advertising personalizzato, mettendo in campo operazioni di marketing mirate, strutturate in modo da indirizzare un preciso messaggio promozionale a coloro potenzialmente più inclini a recepirlo.
Così funziona il mondo, almeno quello online. È quanto ha permesso a un’intuizione di diventare in poco più di due decenni ciò che oggi è Google. Rientra a pieno titolo nella logica del do ut des attraverso la quale l’utente ha accesso gratuito a un servizio (Facebook di fatto è un servizio) senza mettere mano al portafogli, accettando in cambio di contribuire al business che lo rende sostenibile. Vale anche per il mondo dell’editoria che sempre più si regge sui circuiti pubblicitari, vale per noi che scriviamo e per voi che state visualizzando inserzioni mentre leggete questo articolo.
Dicevamo in apertura, il cerchio si è chiuso. Siamo di fatto tornati a quando nel 2010 l’uomo a capo di una piattaforma allora in forte espansione, pronunciandosi sul tema privacy, definì in modo schietto e genuino le “norme sociali” un concetto in costante mutamento e le persone sempre più propense a condividere i dati che le riguardano.
Nei dieci anni successivi a quell’intervento Facebook ha lavorato sodo per scrollarsi di dosso la reputazione di enorme buco nero capace di gravitare ogni informazione capiti nella sua orbita, direttamente e indirettamente, compiendo (va detto) anche importanti passi in avanti per correggere il tiro laddove necessario seppur quasi sempre su stimolo o imposizione delle autorità oppure in conseguenza a un incidente di percorso.
Ora però getta la maschera dichiarando guerra a chi (Apple) altro non sta facendo se non introdurre una possibilità di opt out, la facoltà di rendere più facilmente comprensibili per gli utenti le modalità di tracciamento della loro attività online e più accessibili gli strumenti attraverso i quali eseguirne il controllo, scegliendo se lo si desidera di sottrarsi alla dinamica.
Facebook espliciti la sua posizione in modo chiaro, fino in fondo. Sulla prossima pagina dei quotidiani scriva a chiare lettere: “Ci servono i dati degli utenti, non importa se sono d’accordo o meno, stiamo attaccando Apple perché vuol dar loro libertà di scelta”, senza nascondersi dietro all’ipotesi di un imminente disastro per i piccoli commercianti. Possiamo rinunciare alla privacy, ma in modo informato e consapevole, non accettiamo invece di scendere a compromessi sulla trasparenza.