La nota seguente è stata scritta e inviata da me a tutti i dipendenti Facebook nel mondo. È stata spedita l’8 novembre 2018, poco prima del mio ultimo giorno in azienda.
Questa la premessa che apre il post firmato da Mark S Luckie, ex dipendente Facebook, da un paio di settimane non più al servizio di Mark Zuckerberg. Nel suo intervento, destinato prima ai colleghi e ora al pubblico, una stoccata alla strategia messa in campo dal social network per favorire l’inclusione e la diversità all’interno del proprio organico. Non usa giri di parole: “Facebook ha un problema con le persone nere”.
Facebook e la comunità nera
Nella veste di Strategic Partner Manager for Global Influencers Focused on Underrepresented Voices, Luckie si è trovato ad avere a che fare con quella che sembra assumere i connotati di un’emergenza. Stando al suo punto di vista, sebbene i neri costituiscano una delle comunity più presenti su Facebook (lo afferma una ricerca commissionata dalla piattaforma), l’esperienza loro fornita è spesso tutt’altro che positiva: è accaduto più volte che gli sforzi profusi al fine di instaurare un dialogo costruttivo sul tema siano stati etichettati come hate speech e rimossi, portando in alcuni casi alla sospensione degli account.
Tra gli utenti neri circola la teoria che i loro contenuti sono più esposti alla moderazione della piattaforma rispetto a quelli di altri gruppi. Sebbene si tratti perlopiù di aneddoti, Facebook fa poco per convincere le persone del contrario.
https://www.facebook.com/notes/mark-s-luckie/facebook-is-failing-its-black-employees-and-its-black-users/1931075116975013/
Ciò che ricorre nel post è la necessità di intervenire non solo affinché quelle che oggi possono essere definite le minoranze nella forza lavoro di Facebook possano essere meglio rappresentate all’interno della società, ma anche al fine di migliorare la percezione che si ha all’esterno.
Ai dipendenti neri viene spesso detto “Non sapevo che persone nere lavorassero per Facebook”. Sebbene in numero contenuto, ci siamo. Ciò che ne emerge è che le persone che investono molto tempo su di noi vogliono che le loro opinioni siano tenute in considerazione e questo non è il messaggio riflesso all’esterno.
Il focus è dunque sulla distanza tra ciò che Facebook afferma di essere e ciò che Facebook sarebbe realmente. Un concetto ben sintetizzato da un passaggio dell’intervento.
Facebook non può affermare di connettere le comunità se quelle stesse comunità non sono proporzionalmente rappresentate nel suo staff.
L’intervento di Luckie si chiude con una serie di raccomandazioni e suggerimenti rivolti a Facebook, in particolare ai suoi vertici. Ne riportiamo le più significative di seguito.
- Definire obiettivi tali da far sì che partnership, test dei prodotti e supporto dei clienti riflettano le caratteristiche demografiche della piattaforma;
- migliorare le competenze culturali dei team operativi che valutano le segnalazioni su Facebook e Instagram ed evitare, se possibile, di far riferimento solo ad algoritmi e IA;
- creare un sistema interno attraverso il quale i dipendenti possano riportare le microaggressioni, anche quelle verbali, al fine di raccogliere dati sul problema;
- pianificare più gruppi di discussione con le comunità meno rappresentate, in particolare quella nera e quella latina, molto attive su Facebook e Instagram;
- non limitare la partecipazione dei partner di colore agli eventi sulla diversità, ma includerli in ogni iniziativa rivolta all’esterno.
Considerando l’enorme impatto che Facebook e i suoi prodotti (Instagram, WhatsApp) hanno oggigiorno a livello globale, senza scomodare le altre spinose questioni che interessano la creatura di Zuckerberg, l’appello dev’essere quantomeno raccolto per intavolare una discussione sul tema.
In un’azienda i cui prodotti interessano direttamente la vita di 2,5 miliardi di persone in tutto il mondo, le modalità di rappresentanza e di inclusione dovrebbero avere grande importanza per tutti. La diversità definisce la nostra immagine e le relazioni con l’esterno. È inoltre importante che l’inclusione venga metodicamente integrata nel tessuto della società.
Non tutti la pensano così
Non tutti la pensano come Luckie. È il caso di un suo ormai ex collega, Carl Smith, che in un commento al post dipinge un quadro profondamente diverso. Riprendiamo qualche spezzone del suo intervento.
Mr. Luckie non parla per tutti noi. Ironicamente, Mark e io siamo arrivati in Facebook lo stesso giorno. Io sono ancora qui. In ufficio porto spesso t-shirt “pro black” … credo fermamente di poter essere me stesso ogni giorno che vengo al lavoro … Dal 2016 Facebook ha triplicato il numero dei dipendenti neri … I miei superiori e il mio team mi fanno sentire benvenuto e un elemento della squadra, non “un’assunzione per la diversità”. Mi sento ascoltato nei meeting, sono rispettato e credo davvero che il mio lavoro abbia un impatto.
La replica ufficiale di Facebook non si è fatta attendere ed è stata affidata dal portavoce Anthony Harrison alle pagine del sito BuzzFeed News. Viene sottolineato l’impegno profuso dal gruppo e la volontà di proseguire in questa direzione. Ne riportiamo un estratto di seguito in forma tradotta.
Vogliamo supportare pienamente i dipendenti quando vengono segnalati problemi, anche quanto riguardano piccoli comportamenti. Continueremo a fare tutto il possibile per essere un’azienda davvero inclusiva.