Facebook ha annunciato l’introduzione di nuove policy per la rimozione dei contenuti caricati dagli utenti .
Con le nuove linee guida il social network spera di fornire maggiore chiarezza rispetto a cosa è consentito pubblicare e cosa no sulle pagine dei suoi utenti : una questione in bilico tra la morale comune e la libertà di espressione che non manca di creare polemiche, come da ultimo la rimozione dell’account francese colpevole di aver condiviso un’immagine dell’opera d’arte “L’origine della vita”.
Secondo Monika Bicket, che vigila sulle policy relative ai contenuti di Facebook, la riscrittura delle condizioni serve a dirimere la confusione ingenerata negli utenti, in particolare su alcuni rifiuti di rimozione di specifici contenuti: precedentemente mancava per esempio l’opportuna chiarezza riguardo ai contenuti legati al cyberbullismo o potenzialmente vicini al terrorismo.
Proprio da qui parte la nuova linea di Facebook: su modello delle paure e delle pretese dei governi in materia, il social network afferma ora di non permettere la presenza di organizzazioni terroristiche (e suoi membri) sulle sue pagine e di non permettere altresì “l’apologia o il supporto di questi gruppi o delle loro azioni”.
Oltre a questi argomenti, le nuove linee guida affrontano la questione dell’autolesionismo (Facebook dice che interverrà rimuovendo quei contenuti che identificano una vittima, anche se si trattasse di riferimenti ironici, ma che non farà rientrare in tale categoria le modifiche corporee), delle attività criminali, di cui è proibita in generale l’apologia pur ribadendo il non intervento nei confronti delle politiche di “legalizzazione” condotte nei confronti di specifici reati.
Diverso il discorso per quei contenuti attinenti violazioni dei diritti umani ed atti di terrorismo: “In molti casi, le persone condividono questo tipo di contenuti per condannarli. Tuttavia, le immagini condivise per ragioni sadiche o per celebrare la violenza non trovano spazio”.
Più curioso il nuovo paragrafo dedicato alla definizione di nudi non accettati: sono proibite quelle immagini “che si concentrano su glutei completamente esposti” o sui genitali e quelle di seni “se includono anche i capezzoli”. Comprende altresì i contenuti creati digitalmente, a meno che non abbiamo scopo educativo o satirico. E sono altresì proibiti i testi che descrivono atti sessualmente espliciti se contengono “dettagli vividi”.
Proibiti sono inoltre i contenuti collegati al cosiddetto revenge porn : quelle immagini o video, cioè, “condivisi con l’obiettivo della vendetta e senza permesso da parte delle persone coinvolte”.
Come una vecchia battuta del diritto penale che afferma che l’oscenità è qualsiasi cosa possa eccitare un giudice, in realtà, la politica di Facebook in materia appare assolutamente discrezionale: nonostante questo le associazioni di categoria come Family Online Safety Institute hanno ben accolto le novità.
L’altro punto per cui Facebook cerca l’appoggio degli osservatori è la trasparenza circa le richieste di accesso ai dati da parte delle autorità: così il social network riferisce di aver registrato una lieve crescita delle richieste di accesso ai dati da parte dei governi nella seconda metà del 2014, così come le loro richieste di rimozione di contenuti trovati in violazioni di normative locali, salite di 11 punti percentuali per un totale di 9.707 contenuti rimossi nella seconda metà dell’anno.
Nel dettaglio sembra essere diminuito l’interventismo di paesi come gli Stati Uniti e la Germania, ma cresciuto al contempo quello di altri paesi come l’India. In ogni caso Facebook afferma di “vagliare attentamente ogni richiesta da parte dei governi e di respingere tutte quelle non adeguatamente sostenute”.
Claudio Tamburrino