Sul sentiero della trasparenza digitale, Facebook ha rilasciato il suo primo rapporto sulle richieste provenienti da enti governativi globali. Il social network di Menlo Park ha snocciolato il totale delle richieste ricevute nei primi sei mesi del 2013 dalle singole autorità nazionali per la consegna di informazioni utili all’identificazione dei suoi utenti.
Dopo i rapporti stilati da Twitter, Google e Microsoft, anche la piattaforma social sceglie di apportare il suo contributo “alla luce del dibattito costante su quali debbano essere gli standard per il trattamento delle richieste provenienti da enti governativi relative a informazioni degli utenti, nel corso di indagini ufficiali”, come spiegato in un post pubblicato dal general counsel Colin Stretch.
A dominare la classifica dei paesi più impiccioni è il governo statunitense, con un totale di 11-12mila richieste – “abbiamo indicato i numeri di tutte le richieste relative a temi di natura penale o di sicurezza nazionale. Ci impegniamo a fare pressione sul governo statunitense affinché garantisca una maggiore trasparenza in tale ambito, anche per ciò che riguarda le richieste inerenti la sicurezza nazionale e i numeri specifici”, scrive Stretch – a coinvolgere fino a 21mila account in blu. La stessa azienda guidata da Mark Zuckerberg ha deciso di rilasciare alcune informazioni personali nel 79 per cento dei casi presi in esame .
Tra le altre nazioni in pressing, l’India (più di 4mila account), il Regno Unito e l’Italia (con 2,300 profili coinvolti) . “In molti casi, le richieste hanno come oggetto informazioni relative al servizio, come ad esempio il nome dell’utente e la durata del suo rapporto con Facebook – si legge in una serie di FAQ pubblicate sul blog ufficiale del sito statunitense – Altre richieste possono riguardare dati come gli indirizzi IP o i contenuti dell’account. Abbiamo implementato delle linee guida molto precise per gestire tutte le richieste di dati provenienti dagli enti governativi”.
Mauro Vecchio