Ottimismo digitale genera felicità reale, ma attenzione all’altro lato della medaglia, perché dalla negatività virtuale al pessimismo interiore il passo è fin troppo breve. Questa conclusione apparentemente buffa è risultato di uno studio pubblicato dalla rivista scientifica Plos One ed effettuato sui post divulgati, visionati e condivisi su Facebook. Opera di un team di ricercatori dell’Università di San Diego (California) tra i quali compaiono anche due italiani (Massimo Franceschetti e Lorenzo Coviello), la ricerca è frutto di un’attenta e prolungata analisi che ha passato in rassegna oltre un miliardo di aggiornamenti di stato relativi a più di cento milioni di iscritti (che, si legge nello studio, sono stati resi anonimi).
Una montagna di dati che ha richiesto ben 1180 giorni di ricerca, svolta tra il 2009 e il 2012. Al termine del lavoro, quindi, l’equipe ha scoperto che l’umore positivo di un individuo influenza in maniera bonaria i lettori che, in tal modo, tendono a condividere successivamente post altrettanto ottimistici. Discorso identico, anche se in misura minore, nel caso opposto, con pensieri pessimistici che agevolano la diffusione di negatività nel social network e nella realtà.
Risultati ottenuti con un’ingegnosa soluzione, poiché per verificare l’attendibilità del contagio virtuale i ricercatori (alcuni erano dipendenti di Facebook all’epoca dello studio) hanno sfruttato la relazione tra la pioggia e il cattivo umore che spesso genera nell’animo delle persone. Così è stato osservato che una giornata cupa o piovosa provocava un aumento di messaggi negativi pari all’1,16 per cento diminuendo al contempo quelli positivi di un tasso pari all’1,19 per cento (prendendo in considerazione gli aggiornamenti di amici residenti in altre città per non falsare i risultati). Nelle stesse condizioni, post positivi hanno avuto un impatto ancora maggiore producendo, in media, 1,75 messaggi ottimistici tra la varie cerchie di amici.
“Questi risultati sorprendenti indicano che le emozioni possono propagarsi anche attraverso le reti sociali, capaci di generare una sincronia che, su larga scala, dà a sua volta origine a gruppi di grandi dimensioni di persone felici e infelici”, si legge nella nota prodotta dai ricercatori guidati dal professor James Fowler, che allargando il ragionamento descrivono i picchi di emozione come potenziale (futura) causa per l’aumento della volatilità che investa ogni settore, inclusi sistemi politici e mercati finanziari. Anche per questo, la conclusione dello studio configura la necessità di affinare gli strumenti per approfondire gli effetti delle reti sociali al fine di valutare le possibilità di “diffondere il benessere su scala globale”.
Alessio Caprodossi