Per capire quanto Facebook sia in grado di influenzare opinioni e comportamenti è sufficiente pensare che riunisce 2,7 miliardi di persone sulla stessa piattaforma. E considerando la viralità propria di alcuni contenuti distribuiti sui social network non è difficile comprendere perché il fenomeno legato alla disinformazione (e alla misinformazione) debba essere affrontato di petto, se necessario anche ricorrendo alla tecnologia e tenendo conto che inevitabilmente si andrà a sollevare più di qualche malumore. Il gruppo di Zuckerberg lo farà al fine di tutelare la salute pubblica, con un giro di vite nei confronti del movimento No Vax, anche in conseguenza alle pressioni esercitate da organismi e istituzioni a livello globale.
La viralità del movimento No Vax
La discussione odierna scaturisce da una lettera inviata da Adam Bennett Schiff, politico statunitense esponente della fazione democratica e membro della Camera dei Rappresentanti per la California, indirizzata al numero uno di FB. Nel testo anche un riferimento a YouTube che indirettamente chiama in causa Google, il suo CEO Sundar Pichai e la parent company Alphabet. Viene chiesto di studiare e attuare le necessarie contromisure per far fronte alle campagne contro i vaccini che si diffondono sulle bacheche della piattaforma a colpi di like e condivisioni. Più nell’immediato sono richiesti chiarimenti su domande specifiche che qui riportiamo in forma tradotta.
- I contenuti che forniscono informazioni mediche inaccurate costituiscono una violazione dei vostri termini di servizio?
- Quali misure avete attuato per combattere la misinformazione in merito al tema dei vaccini sulle vostre piattaforme? State considerando ulteriori azioni?
- Accettate pagamenti per campagne di advertising da gruppi e attivisti No Vax sulle vostre piattaforme? Se sì, quanto è stato speso nel corso dell’ultimo anno per la pubblicità su questo tema?
- Quali misure state attuando per impedire che informazioni e video di natura No Vax siano consigliati agli utenti, sia attraverso gli algoritmi sia nei risultati delle ricerche?
Le promesse di Facebook
La replica di Facebook non si è fatta attendere ed è giunta sotto forma di un comunicato in cui si afferma che il social network sta “adottando misure aggiuntive per contrastare al meglio il problema”. Si fa in particolare riferimento agli algoritmi che regolano la visualizzazione dei contenuti suggeriti all’interno del Feed, riducendo o rimuovendo questo tipo di elementi dalle raccomandazioni, incluse quelle relative ai gruppi ai quali unirsi, penalizzandoli al tempo stesso tra i risultati delle ricerche. Il gruppo sottolinea inoltre la volontà nel dar maggior rilievo alle informazioni provenienti da fonti autorevoli.
La posizione di Google
Il gruppo di Mountain View non ha al momento fornito una replica ufficiale alla lettera di Schiff. Google, però, ha già messo in campo azioni mirate su questo fronte, ad esempio intervenendo sui suggerimenti e sull’indicizzazione dei video caricati dalla community di YouTube, con l’obiettivo di penalizzare i filmati ritenuti borderline e quelli etichettabili come misinformazione. L’efficacia della misura è in ogni caso ancora da certificare.
L’Italia e l’esempio Medical Facts
Da noi c’è chi come il team di Medical Facts, senza aspettare i colossi della Silicon Valley, già si è mosso per tenere alta la bandiera della divulgazione scientifica, approfondendo da un punto di vista analitico e competente tematiche che se trattate sulle bacheche dei social network rischiano spesso di finire per polarizzare le opinioni e generare scontri di cui a conti fatti nessuno avverte la necessità.