Facebook, da giorni al centro di discussioni online per la presenza sul sito di pubblicità contenenti le foto dei profili di ignari utenti, ha comunicato di aver già richiesto la rimozione di tali pubblicità, affermando che esse sono il prodotto di applicazioni di parti terze.
Da qualche tempo girava in Rete la voce che Facebook permettesse alle pubblicità da esso ospitate di utilizzare le foto dei profili degli utenti senza il loro permesso: rimbalzando tra i blog e Twitter, il tamtam suggeriva come bloccare l’eventuale utilizzo del proprio volto , in particolare, secondo le indicazioni di downloadsquad.com aggiustando le proprie impostazioni sulla privacy.
I dirigenti del social network hanno dunque ritenuto opportuno intervenire sull’argomento e dalle pagine del proprio blog hanno affermato che le pubblicità citate dai rumors circolati in Rete non erano di Facebook ma inserite da applicazioni di parti terze . “Tali ads – si legge – violano la nostra politica abusando delle foto dei profili e ne abbiamo già richiesto la rimozione ben prima del diffondersi delle voci”.
La questione è d’altronde più complicata di quanto sembrerebbe leggendo il blog di Cheryl Smith, signora sposata ignara testimonial (sulla pagina del marito) di un sito per single.
Facebook ha davanti una situazione difficile da gestire: da una parte rischia, attaccando duramente i suoi partner commerciali, di compromettere importanti guadagni, dal momento che il successo della pubblicità su Facebook viene giudicato principalmente derivante dal cosiddetto social advertising basato sul collegamento delle offerte proposte a volti conosciuti (avvicinando così la pubblicità al consiglio di un amico. Dall’altra parte il rapporto privacy – Facebook è tra i più delicati e pericolosi, e su questo punto potrebbe giocarsi il perdurare del successo del sito.
D’altronde sull’argomento i dirigenti del social network erano già intervenuti , così come sulla gestione della pubblicità ospitata , e avevano già deciso di interrompere il rapporto con due aziende che effettuavano pubblicità “troppo aggressiva”, molto vicina allo spam , sulle proprie pagine. C.T.