Dopo alcuni mesi di pausa, gli operatori di telecomunicazioni sono tornati sulla questione del “fair share“, ovvero il contributo economico che le Big Tech dovrebbe versare per la realizzazione e manutenzione delle infrastrutture di rete. I CEO di 20 telco europee hanno chiesto l’intervento dei legislatori per la regolamentazione, altrimenti gli obiettivi del Decennio Digitale non verranno raggiunti entro il 2030.
Le telco chiedono una legge urgente
La Commissione europea aveva avviato una consultazione pubblica a fine febbraio. In base alle risposte ricevute, la maggioranza dei paesi ha espresso parere negativo sull’introduzione del fair share, in quanto non sono note le conseguenze per mercato e consumatori. Un portavoce della Commissione aveva dichiarato che il problema è piuttosto complesso, per cui merita un’attenta valutazione.
I CEO delle 20 telco, tra cui Pietro Labriola di TIM, sottolineano che per raggiungere gli obiettivi del Decennio Digitale relativi alla connettività (copertura completa con fibra ottica e 5G entro il 2030) serviranno quasi 200 miliardi di euro. Questa scadenza non verrà rispettata, se le Big Tech non parteciperanno alle spese di realizzazione e manutenzione delle infrastrutture.
Il riferimento è alle aziende che generano la maggior parte del traffico con i loro servizi cloud o streaming, tra cui Google, Microsoft e Netflix. All’incremento del traffico (20-30% all’anno) corrisponde un aumento dei costi, ma i prezzi retail per i servizi di telecomunicazione sono diminuiti negli ultimi dieci anni.
Le 20 telco chiedono una legge che regolamenti il fair share nel rispetto della net neutrality. Le Big Tech hanno dichiarato che investono già nella realizzazione delle rei attraverso l’installazione dei cavi sottomarini. In ogni caso, gli unici che subiranno le conseguenze saranno i consumatori (aumento dei prezzi degli abbonamenti per servizi e/o connettività).