A fine maggio sono arrivati alla Commissione europea i pareri delle parti interessate sul cosiddetto “fair share“. Gli Stati Uniti hanno evidenziato le conseguenze per il mercato e i consumatori. Secondo le fonti di Reuters, anche molti paesi europei sono contrari alla tassa che le Big Tech dovrebbero pagare agli operatori di telecomunicazioni per contribuire alla realizzazione e alla manutenzione delle reti. Tra i paesi favorevoli c’è l’Italia.
Costi maggiori a carico degli abbonati
Le principali telco europee (Deutsche Telekom, Orange, Telefonica, Vodafone e TIM) hanno chiesto l’intervento dei legislatori, dopo aver evidenziato che le Big Tech statunitensi (Amazon, Google, Apple, Microsoft, Meta e Netflix) ottengono enormi profitti sfruttando le reti a banda larga. Il traffico generato dai loro servizi aumenta esponenzialmente, quindi dovrebbero contribuire alla realizzazione e manutenzione delle infrastrutture.
In seguito alle ripetute richieste (e alla tradizionale attività di lobbying), la Commissione europea ha deciso di affrontare l’argomento con l’avvio di una consultazione esplorativa, i cui risultati verranno comunicati entro fine giugno. Dopo quello degli Stati Uniti è arrivato il parere negativo di 18 paesi. I rispettivi ministri hanno respinto la proposta di una tassa per le Big Tech, in quanto manca uno studio sulle conseguenze per mercato e consumatori.
Tra i paesi neutrali (che non hanno ancora espresso un’opinione) ci sono Polonia, Portogallo e Romania, mentre tra i paesi favorevoli ci sono Italia, Francia, Spagna, Grecia, Ungheria e Cipro. Il governo italiano aveva inviato una richiesta esplicita ad agosto 2022.
La questione è piuttosto complessa, ma è probabile che gli unici danneggiati saranno i consumatori. Sia le telco che le Big Tech potrebbero recuperare i maggiori costi con l’aumento degli abbonamenti.