Bucare Linux non conviene. E non è una questione (solo) etica, è proprio una questione economica . Windows, invece, è una miniera d’oro: e di questo passo, anche Mac OS diventerà una buona piazza sulla quale racimolare qualche soldo. La differenza non la fa il valore intrinseco del codice scritto sulle diverse piattaforme: la differenza la fa il successo commerciale nei diversi segmenti del mercato.
Ecco, l’ho usata un’altra volta quella parola: etica. Un hacker ha un’etica : se scopre una falla non la sfrutta, la segnala. Non gli passerebbe neppure per la testa di fare danni grazie alle sue competenze, oppure potrebbe limitarsi a creare un innocuo worm proof-of-concept per limitarsi a mostrare con maggiore chiarezza quali siano i rischi collegati a quanto ha scoperto.
Un cracker non ha un’etica : se scova una vulnerabilità o la sfrutta direttamente, penetrando il sistema, o la sfrutta economicamente, ricattando chi potrebbe essere colpito da un eventuale exploit. Il mercato nero delle vulnerabilità esiste, e sulle pagine di Punto Informatico spesso è stato raccontato come si sia evoluto nel corso degli ultimi anni.
Pur sempre di un mercato si tratta: questo significa che anche per vulnerabilità ed exploit vale la celebre legge della domanda e dell’offerta . Se c’è maggiore richiesta per un prodotto, il prezzo di quest’ultimo crescerà; se invece per un prodotto non c’è domanda, l’offerta tenderà a zero o sparirà del tutto. La domanda, in questo caso, dipende dalla potenziale utilità di quanto è in vendita: se con una vulnerabilità di Linux si colpiranno al massimo 10mila persone, con una di Windows se ne potranno colpire 10, 100, 1000 volte tanto . E non è poco.
Scovare una falla in un programma, poi, non significa automaticamente realizzare un exploit: per tanti motivi, tecnici o teorici, potrebbe anche non essere possibile. Una falla è una falla: è un buco sul fondo di una nave, che la fa affondare a meno che non lo si tappi; oppure è un buco in un demone, in un servizio, in un software, che lo espone ad una serie di rischi. Quando qualcuno scopre una falla e ha il tempo, la voglia o la convenienza di sfruttarla, crea un exploit: vale a dire si siede alla sua postazione e inizia a scrivere del codice che, partendo dalla falla, realizzi qualcosa di potenzialmente dannoso per tutti i computer che montano quel software. Oppure, come detto, scrivere un exploit potrebbe non convenire : per ragioni etiche o, inutile negarlo, economiche.
Ho detto che anche Mac OS sta diventando appetibile: è vero, visto che grazie ad una serie di circostanze favorevoli, ad un po’ di fattore modaiolo e ad uno zoccolo duro di nostalgici come il sottoscritto, il sistema operativo di Cupertino sta vivendo una seconda giovinezza . Le sue caratteristiche, tuttavia, lo rendono un sistema che riscuote un grosso successo soprattutto in ambito consumer: difficile vedere aziende di grandi dimensioni effettuare ordini da migliaia di Mac per il proprio personale. Senza contare che Apple non è presente su tutti i mercati: combinati assieme, questi due fattori si trasformano in una fetta di mercato di gran lunga inferiore al 10 per cento, con Linux che raccoglie le briciole di quello che Windows-piglia-tutto lascia.
A quanti interessa scoprire che sul mio disco rigido tengo tre copie delle foto che ho scattato l’anno scorso a Monaco? A nessuno, almeno credo: perché le informazioni personali, a meno che non si voglia clonare l’identità di qualcuno, hanno valore relativamente basso. Più utile raccogliere progetti, prototipi, grosse banche dati conservate in qualche datacenter: per questo è più interessante violare un ambiente enterprise rispetto ad uno consumer, e per questo una vulnerabilità per Windows vale più di una per Mac OS.
Infine c’è l’ambiente server: lì sì che Linux ha un certo peso. Ma quando si parla di server, l’admin non installa certo Kubuntu con kernel precompilato e KDE 4 beta. In certi ambiti c’è Slackware, c’è Debian: ci sono persone preparate che provvedono a chiudere le porte che non sono utilizzate, che eliminano servizi e demoni che potrebbero costituire un problema. Che tengono in piedi e sotto controllo un firewall, e sono in grado di aggirare anche falle note e storiche come quella che si trascinò per mesi su WU-FTPD.
In definitiva, perché Windows è una miniera d’oro e perché se un hacker trova una falla su Ubuntu non la sfrutta per ragioni etiche? Perché chi si industria a scovare buchi sui sistemi Microsoft lo fa spesso e volentieri per ricavarci qualcosa: la natura a sorgenti chiusi di Windows lo rende particolarmente incline a soffrire di falle 0-day , le peggiori in assoluto perché rischiano di rimanere sconosciute per molto tempo, e attraverso l’enorme numero di macchine che montano XP o Vista in giro per il mondo si possono raccogliere una gran quantità di informazioni preziose.
Chi invece si diletta a “sfruculiare” Linux, lo fa anche (ma non solo) per divertimento: questo significa battere informazioni conosciute e documentazione pubblica, rintracciare una possibile falla e tentare di identificarne le possibili conseguenze in caso di attacco. A volte sono gli stessi che hanno scritto le applicazioni a scoprire un problema , ad analizzarlo e risolverlo: chi cerca falle dentro Linux lo fa con modi e obiettivi diversi. Gli utenti sono felici e ringraziano. E nessuno si è fatto male.
Cosa succederà se Mac OS continuerà la sua scalata al mercato e magari farà dei passi avanti nelle aziende? Che vedrà nascere lo stesso tipo di problemi che ha Windows oggi. Con una differenza: si tratta pur sempre di un sistema *nix, che ha per sua natura dei vantaggi. Al momento gli ingegneri del software di Cupertino hanno la fortuna di vivere in un piccolo ecosistema chiuso , con poche variabili da gestire e che possono essere tenute facilmente sotto controllo: ci vuole poco ad individuare, correggere e rilasciare la patch per un problema.
Nel frattempo, quando mi chiedono quale sia il sistema operativo più sicuro io continuo a ripetere un ritornello noto: quello spento. Sui miei Mac non tengo alcun firewall, antivirus o antispyware . Quando montavo Slackware passavo almeno 2 giorni a sistemare tutto. Quando devo installare Windows faccio gli dovuti scongiuri, lancio l’update e installo almeno un antivirus. Nel futuro, chi vivrà vedrà.
Luca Annunziata