Si tratta di pressioni piuttosto insistenti, esercitate dal capo del Federal Bureau of Investigation (FBI) Robert Mueller sui vari fornitori di connettività statunitensi. I provider a stelle e strisce dovrebbero tenere in ordine quei particolari archivi contenenti le principali informazioni relative alle attività web dei netizen.
Informazioni come ad esempio i siti visitati dagli utenti, tenendo a mente che i log dovrebbero essere conservati dagli stessi ISP per un periodo non inferiore ai due anni . Questa la forte raccomandazione dei vertici dell’FBI, intervenuti di recente nel corso di un incontro organizzato dall’ Online Safety and Technology Working Group , gruppo di lavoro voluto dal Congresso degli Stati Uniti e gestito dal Department of Commerce .
Mueller ha sottolineato come le attività di data retention da parte dei provider possa essere di fondamentale aiuto nella lotta alla pedopornografia su Internet e ad altri crimini compiuti a mezzo elettronico. Per questo sarebbe fondamentale ottenere tutte quelle informazioni relative sia all’origine che alla destinazione della navigazione degli utenti statunitensi.
L’FBI non è comunque nuovo a tali suggerimenti. Già nel 2006 aveva spinto gli ISP verso un immediato futuro votato al data retention, quindi lo stesso Congresso verso una legge che rendesse obbligatoria la conservazione delle informazioni. Greg Motta, a guida della divisione digitale dell’FBI, ha sottolineato come non si tratti di una questione legata ai contenuti delle comunicazioni web.
Non si è dimostrato particolarmente entusiasta Drew Arena, vicepresidente dell’operatore Verizon, che ha tirato in ballo le tecniche di deep packet inspection , necessarie per mantenere gli indirizzi URL. Si tratterebbe di una pratica piuttosto invasiva, in evidente violazione del Wiretap Act che tutela il cittadino statunitense dalle intercettazioni sulle telecomunicazioni.
Mauro Vecchio