Condurre un’esistenza al di fuori della legalità è sconsigliabile soprattutto per chi, come il truffatore messicano Maxi Sopo recentemente arrestato dalla polizia, gestisce e aggiorna costantemente il proprio profilo su Facebook. Il social network in blu, con centinaia di milioni di iscritti, rappresenta ormai una fonte di informazioni irresistibile per le polizie di tutto il mondo . Incastrare criminali grazie a Facebook sta diventando una prassi comune: l’imprudenza dei malfattori è spesso l’asso nella manica degli agenti, che nel caso di Maxi Sopo hanno ritrovato l’indirizzo di residenza direttamente sul suo account . Anche in Italia non è andata meglio a Pasquale Manfredi detto Scarface , inchiodato anche a causa della sua attività su Facebook.
L’occhio della legge, dunque, controlla e vigila anche sulla Rete e non lo fa soltanto in funzione di contrasto al file sharing illegale, allo spam o alla pedopornografia: anche sicari e topi d’appartamento possono essere acciuffati se sorpresi a vantarsi delle proprie “imprese” online. Proprio per questo motivo l’FBI avrebbe intenzione di infiltrare agenti sotto copertura su Facebook, MySpace e Twitter per individuare presunti criminali con una semplice richiesta di amicizia.
Un portavoce del social network creato da Mark Zuckerberg ha dichiarato a CNET che Facebook da tempo collabora regolarmente con le forze dell’ordine : “Abbiamo sviluppato strumenti appositi per aiutare gli organi di polizia a capire Facebook e richiedere informazioni utili per le indagini – ha spiegato Andrew Noyes – noi analizziamo ogni singola richiesta ed eventualmente concediamo una limitata quantità di informazioni”.
Secondo un documento reso pubblico da Electronic Frontier Foundation (EFF), alcune agenzie governative statunitensi si starebbero attrezzando per regolare queste tecniche di investigazione online : nel 2009 ai membri dell’ Internal Revenue Service (IRS), che si occupa di contrastare l’evasione fiscale negli USA, era stato fatto fare un corso di aggiornamento per potersi servire con efficacia della Rete come strumento d’indagine.
Ciò che ha evidenziato EFF è il netto contrasto tra il modus operandi di IRS e quello adottato dall’FBI e altre agenzie: ai membri della prima è stato espressamente vietato di servirsi di account fasulli per raccogliere informazioni e prove, mentre i federali intendono adottare questa tattica su vasta scala. L’FBI d’altronde non è nuova a tattiche del genere: già nel 2008 aveva sparso in Rete una serie esche appositamente confezionate per cogliere sul fatto gli scaricatori di pedopornografia.
Giorgio Pontico