Con una petizione l’associazione Consumer Watchdog aveva chiesto alla Federal Communications Commission (FCC) di imporre il rispetto delle richieste Do Not Track ai provider di servizi di rete, una richiesta che però è stata respinta dalla commissione federale perché tra i suoi obiettivi non c’è la regolamentazione stringente del funzionamento di Internet.
Diversamente dalla tanto discussa riclassificazione dei fornitori del servizio di accesso alla Rete come utility da titolo II, dice infatti la FCC, la tecnologia Do Not Track non ha parentele con la net neutrality o l’accesso basilare a Internet, riguardando piuttosto corporation presenti “in” rete come Google, Facebook, YouTube, Netflix e via elencando.
Consumer Watchdog avrebbe visto di buon occhio , per le suddette corporation telematiche, l’imposizione dell’obbligo di rispettare la richiesta degli utenti di non essere tracciati da network di advertising o analisi del traffico in caso di modifica delle apposite impostazioni Do Not Track nel browser.
Lo standard anti-tracciamento di Do Not Track è al momento in una condizione di limbo , con gli sviluppatori di browser e le organizzazioni che si battono a favore dei diritti digitali disposti a venire a patti con il marketing online nel tentativo di rendere la tecnologia più accettabile: il risultato è a somma zero, visto che la maggioranza dei siti Web e dei network di advertising continua a non rispettare le richieste di non tracciamento espresse dagli utenti.
Per FCC la tecnologia Do Not Track non vale il prezzo della net neutrality, ma Consumer Watchdog la pensa diversamente: nell’accogliere il diniego della commissione federale, l’organizzazione promette di rivolgersi alle autorità dei singoli stati americani, al Congresso e ai tribunali per difendere il diritto degli utenti di Internet alla privacy.