La Food and Drug Administration statunitense ha intimato l’immediata sospensione della vendita dei kit per l’analisi del codice genetico commercializzati da 23andMe, la startup genetica nata del 2006 per mano di Paul Cosenza, Linda Avey e Anne Wojcicki. Quest’ultima è l’ex-moglie di Sergey Brin, una delle due menti di Google e, proprio grazie ai generosi finanziamenti provenienti da Mountain View, il box verde per la raccolta della saliva della 23andMe ha bruciato le tappe diffondendosi in breve tempo in tutto il mondo, tanto che l’attuale database della azienda conta informazioni su più di 400mila individui.
La parabola riceve ora, però, una brusca frenata poiché il Personal Genome Service non è conforme alle norme previste dall’agenzia federale USA che si occupa della sicurezza dei prodotti alimentari e medici. L’obiettivo del test è aiutare le persone a valutare il proprio stato di salute, ma sul proprio sito la società specifica che acquistando il kit, tuttora in vendita a 99 dollari, si possono avere informazioni su oltre 240 potenziali malattie genetiche, nonché un report sui difetti genetici e le potenziali malattie in fase di sviluppo. Un approccio fin troppo specialistico, proprio dei medicinali che, per stare sul mercato, devono rispettare gli standard imposti dalla FDA. Parametri che invece 23andMe non ha rispettato, nonostante i continui richiami dell’agenzia, preoccupata per le reazioni delle persone a eventuali falsi positivi o errori .
Le schermaglie tra le parti iniziano nel 2009, quando si avviò un lungo scambio di email corroborato da 14 incontri e numerose teleconferenze, ma lo strappo definitivo si è consumato dopo la promessa fatta da 23andMe di migliorare le performance e la sicurezza dei propri test nel corso dell’ultimo anno, poi disattesa. Inevitabile a quel punto la lettera della FDA con l’intimazione di bloccare subito le vendite e fornire risposte ai vari appunti entro quindici giorni. Sintetica la risposta dell’azienda, che con un post su Facebook ha confermato la decisione dell FDA ammettendo di non aver rispettato le tempistiche previste e di essere pronta a sistemare la questione.
Non sarà molto semplice riuscirci, poiché dopo il distacco da Google il futuro di 23andMe sembra nebuloso. Nessuno può confermarlo eccetto i diretti interessati, ma all’indomani della separazione tra Brin e Anne Wojcicki, CEO della start up genetica, si sono chiusi anche i rubinetti di Big G. Se per il lancio erano stati decisivi i 3,9 milioni di euro elargiti da Google e altri popolari partner, lo sviluppo e la crescita sono stati possibili grazie all’ulteriore innesto da 50 milioni di dollari che 23andMe ha ottenuto nel corso del 2012 e grazie ai quali ha abbassato il prezzo del Personal Genome Service da 299 a 99 dollari. Cifre considerevoli che però non hanno evitato pericolosi e imbarazzanti scivoloni come i dati errati pubblicati sugli account degli utenti. E pensare che l’inizio fu sorprendente, tanto da essere nominata nel 2008 invenzione dell’anno da Time e che lo stesso Sergey Brin ne tessé le lodi in seguito alla scoperta di un proprio difetto genetico che avrebbe potuto sfociare nel morbo di Parkinson.
Le grandi aspettative si sono sgonfiate col tempo e anche Google ha dirottato altrove le sue attenzioni genetico-sanitarie fondando Calico, la startup che mira a combattere l’invecchiamento sotto la guida di Arthur Levinson, altro convinto assertore della biotecnologia come salvezza della salute umana.
Alessio Caprodossi