Sydney (Australia) – Nel più popoloso degli stati australiani, il New South Wales, i datori di lavoro dovranno tornare ad avere fiducia nei propri dipendenti e a misurare la loro produttività con mezzi diversi dalle spie tecnologiche che hanno fin qui potuto impiegare.
Una legge statale, che potrebbe presto essere replicata in tutta l’Australia, spazza via un’attività odiosa, quella che viene definita di cybersnooping . Con questo termine si indicano i controlli sistematici sulle caselle di posta elettronica dei dipendenti, la lettura dei siti web visitati dalla postazione di lavoro, l’analisi delle videoregistrazioni effettuate dalle cam piazzate nelle aree dove lavorano gli impiegati o, ancora, l’uso di sistemi di lettura dell’uso dei veicoli aziendali.
La normativa è stata presentata dal procuratore generale dello stato e, sebbene si tratti solo di una bozza appoggiata dal governo locale, si ritiene che in breve tempo possa venire approvata in via definitiva.
Secondo la nuova legge, sarà considerata azione criminale qualunque attività di monitoraggio e controllo effettuata di nascosto con l’unica eccezione, certamente non secondaria, di quando un datore di lavoro possa dimostrare ad un tribunale di nutrire legittimi sospetti sul lavoro di un proprio dipendente.
“Noi non tolleriamo – ha spiegato il procuratore al parlamento locale – che vi siano datori di lavoro che installano telecamere in spogliatoi o toilette, tantomeno possiamo tollerare che vi sia chi legge le email private dei lavoratori”. L’idea di fondo, ha spiegato, non è quella di impedire qualsiasi genere di supervisione ma di far sì che questa avvenga in modo corretto sul piano etico e rispettoso delle sensibilità.
Un’attività di controllo spot potrà essere effettuata, come già accade in altri paesi come l’Italia, soltanto se l’impiegato sia preventivamente avvisato.