La Federazione Italiana Editori Giornali (FIEG) ha presentato lo studio “La Stampa in Italia 2009-2011”: un’analisi che evidenzia un’editoria ancora alla ricerca di un suo metodo per sfruttare monetariamente i nuovi mezzi che hanno già portato un consistente aumento dei lettori .
L’andamento recessivo dell’Italia, evidenziato da diverse statistiche, resta il fattore di maggior preoccupazione per il settore dell’editoria. A preoccupare, in particolare, è la domanda interna in calo che trascina in basso la spesa in pubblicità.
La lezione del 2009, l’improvvisa compressione degli investimenti in pubblicità conseguenti alla crisi, d’altronde non ha spinto gli operatori del settore a individuare nuovi mezzi, servizi o canali di introiti alternativi a quello legato all’advertising che lascia gli operatori troppo legati alle fluttuazioni cicliche.
Anche se, dopo aver ritrovato l’equilibrio nei conti nel 2010, nel 2011 si è cercato di proseguire l’azione di contenimento dei costi, gli elementi di criticità sono rimasti determinanti dal momento che non sembra essere stata trovata una contromossa: questo ha portato il margine operativo lordo delle aziende editrici di quotidiani, pur rimanendo in attivo, a registrare una contrazione del 29,6 per cento .
Così nel 2011 i ricavi sono diminuiti del 2,2 per cento , principalmente a causa (ancora) della flessione degli introiti pubblicitari (meno 5,7 per cento), mentre al calo della diffusione (meno 2,6 per cento) si è sopperito solo grazie all’aumento dei prezzi che ha permesso di mantenere i ricavi derivanti dalle vendite delle copie: una strategia che potrebbe tuttavia non bastare viste le prospettive relative al 2012 che vedono un mercato ancora in contrazione.
Per quanto riguarda i periodici i problemi sono gli stessi anche se più contenuti: questi hanno mostrato una “maggiore capacità di tenuta riuscendo a circoscrivere il calo del fatturato editoriale, senza peraltro manifestare segnali di ripresa”. Il loro fatturato viene stimato in calo del 2,9 per cento, con le due componenti, ricavi pubblicitari e da vendita, che retrocedono, rispettivamente, del 2,7 e del 3,0 per cento. Il primo, in particolare, calato meno rispetto al corrispondente dato dei quotidiani.
Gli operatori, naturalmente, dovrebbero guardare a Internet come risorsa per allargare il pubblico dei lettori : tra il 2009 e il 2011, il numero complessivo di utenti attivi sul web in un giorno medio è passato da 10,4 a 13,1 milioni, un incremento del 26 per cento. Il corrispettivo di utenti di quotidiani online è cresciuto in prospettiva del 50 per cento, passando da 4 a 6 milioni .
In pratica , d’altronde, la crisi scoraggia l’acquisto ma non certo la lettura, inducendo a risparmiare sull’acquisto del giornale senza rinunciare a leggerlo: “Le ultime rilevazioni Audipress per il 2011 indicano un incremento dei lettori dei quotidiani dell’1,8 per cento. Si tratta di 24,2 milioni di persone, pari al 46,2 per cento della popolazione adulta”. Rilevazioni supportate da quelle dell’ISTAT che con il rapporto “Cittadini e nuove tecnologie” ha rilevato che, tra le persone di 6 anni e più che hanno utilizzato internet nel 2011, il 51 per cento lo ha fatto per leggere o scaricare giornali e riviste.
Proprio da questo dato dovrebbe dunque partire l’editoria: i lettori ci sono , bisogna trovare solo il nuovo mezzo per monetizzare questo pubblico.
Forse proprio preparandosi ad intervenire sul settore online, il Presidente FIEG Giulio Anselmi ha parlato nuovamente della necessità di tutelare il diritto d’autore: “Abbiamo davanti un orizzonte di due anni e mezzo per creare nuovi criteri e fare tutto quello che non è stato fatto in precedenza”. A questi ha risposto Agorà Digitale tramite l’avvocato Marco Scialdone che ha commentato : “È davvero surreale che si possa affermare l’inesistenza di un quadro normativo di riferimento, come riferisce Anselmi. Le regole ci sono e non si avverte certo la necessità di un intervento fuorilegge, perché fuori dalle sue competenze, di AGCOM. Altrettanto grave è che il sottosegretario Peluffo offra facile sponda alle richieste della lobby dell’industria dell’intrattenimento. Il Governo Monti dia un segno di discontinuità e prenda le distanze dalle posizioni più oscurantiste in materia di diritto d’autore”.
Claudio Tamburrino