L’AGCOM ha comunicato nella serata di ieri il proprio provvedimento conseguente alla richiesta della FIEG di cui molto si è discusso negli ultimi giorni. La Federazione Italiana Editori Giornali chiedeva infatti la chiusura di Telegram in conseguenza del fatto che alcuni canali del social network diffondono copie gratuite e illegali dei giornali cartacei.
Da una parte la FIEG registra una piccola vittoria, ottenendo la chiusura dei canali posti all’attenzione dell’Authority; dall’altra il risultato finale è però negativo per l’associazione, perché l’AGCOM ha dovuto altresì precisare come la richiesta di chiusura del social network non avesse motivo di essere e al contempo la pubblicità regalata a questo tipo di canale non ha fatto altro che esacerbare il problema.
La chiusura dei canali Telegram
La vittoria della FIEG, che per questa battaglia ha anche occupato pagine sui quotidiani per rivendicare il dato subito dal comparto a seguito delle violazioni su Telegram, sta nel fatto che 7 canali su 8 siano stati chiusi a seguito dell’azione dell’AGCOM. La sconfitta sta nel fatto che grazie a questa denuncia e al gran parlare che si è fatto del problema, enfatizzato dalla stessa FIEG con la richiesta di chiusura del social network, molti utenti sanno ora che c’è un modo per accedere ai giornali con grande facilità. Molti accedono ora ad uno strumento che prima ignoravano, insomma, e questo proprio grazie all’azione di lotta della parte lesa.
Non esattamente una strategia illuminata, insomma, benché giusta nel merito. Azioni meno eclatanti, più mirate e soprattutto più proporzionate avrebbero ottenuto risultati migliori.
Ma Telegram non si chiude
Spiega l’AGCOM:
L’Autorità è consapevole del carattere illecito della diffusione di intere edizioni digitali dei giornali sui canali Telegram e del grave danno che ciò arreca all’industria editoriale e, conseguentemente, al pluralismo dell’informazione e al giornalismo di qualità. Nel ribadire il proprio forte e fattivo impegno a difesa della proprietà intellettuale, che ha dato luogo all’adozione del regolamento per la tutela del diritto d’autore online, ormai divenuto una best practice a livello internazionale, Agcom sottolinea che i suoi interventi devono però svolgersi nell’ambito e nei limiti del regolamento stesso, conforme alle leggi dello Stato e alla normativa europea.
Come a dire: la richiesta è del tutto sproporzionata, priva di legittimità. E con tono paternale viene spiegato altresì l’intero ragionamento (frutto di anni di battaglie giudiziarie che la FIEG nella propria richiesta sembra aver in buona parte ignorato):
Agcom può adottare provvedimenti che hanno come diretti destinatari soltanto soggetti compresi nel perimetro dei propri poteri regolatori. Quando la violazione avviene sui canali di un sito ubicato fuori dal territorio nazionale, come nel caso di Telegram, l’Autorità non può che rivolgersi ai provider italiani che forniscono l’accesso a internet, ordinando loro di procedere alla disabilitazione dell’accesso all’intero sito. Non è infatti possibile ordinare la rimozione selettiva dei soli contenuti illeciti, in quanto ciò comporterebbe l’impiego di tecniche di filtraggio che la Corte di giustizia europea ha giudicato incompatibili con il diritto dell’Unione. Per espresse disposizioni delle direttive europee, la disabilitazione dell’accesso alla piattaforma deve rispondere a criteri di proporzionalità che Agcom ha sempre applicato con rigore.
Da parte sua l’AGCOM sottopone comunque una proposta in modo tutt’altro che implicito: la modifica dell’art.4 del decreto legislativo 70 del 2003 “permetterebbe di adottare ordini di rimozione selettiva dei contenuti caricati in violazione del diritto d’autore“. Allo stato dei fatti, invece, la cosa non è possibile e l’Autorità deve pertanto agire nei limiti della proporzionalità del proprio agire. Per dar maggior peso significativo alla repressione delle violazioni, tuttavia, si sono tirate in ballo anche Polizia Postale e Guardia di Finanza:
Contestualmente Agcom coinvolgerà anche alla Polizia postale e alla Guardia di finanza affinché perseguano – al pari di quanto è stato fatto in relazione alle IPTV pirata – gli utenti che caricano e condividono sulla piattaforma le copie dei giornali e segnalerà a Google Play ed Apple store, i principali negozi virtuali di app, di tener conto dell’utilizzo dell’app Telegram degli italiani, più che altrove destinato ad usi illeciti.
Discorso chiuso? Non esattamente: nuovi canali apriranno in tempi brevi e questa battaglia priva di una linea di principio è destinata quindi a perpetrare quella guerra tra “guardie” e “ladri” che in altri ambiti ha compiuto passi avanti più efficaci e più eleganti di quanto la FIEG non abbia fin qui saputo ottenere.