Hanno dovuto accettare la sconfitta in aula, a quasi quattro anni di distanza dal fuoco legale scatenato contro il giovane sviluppatore spagnolo Pablo Soto. Le grandi sorelle del disco – insieme a Promusicae , versione iberica della RIAA – sono dunque state costrette ad ingoiare il boccone più amaro: il “Napster spagnolo” Blubster è una tecnologia assolutamente neutrale .
A deciderlo è stato un giudice di Madrid: le applicazioni del P2P Blubster, Piolet e Manolito – tutte realizzate da Soto – non rappresentano corsie preferenziali per la violazione sistematica del diritto d’autore. Né una pratica scorretta di business, dal momento che le grandi major del disco non sono legate al mercato delle tecnologie per il file sharing .
Era il 2008 quando Universal, Sony, Emi e Warner univano le forze contro lo sviluppatore nato nel 1979, accusato di aver distribuito protocolli e client per lo scaricamento dei file e la conseguente violazione massiva del copyright. Il giudice di Madrid ha ora sottolineato come la tecnologia in sé non possa essere ritenuta responsabile delle condotte illecite degli utenti .
E le grandi sorelle del disco non possono nemmeno invocare “pratiche di business non corrette”. Perché i client di Soto non sono parte del mercato del disco e – viceversa – le attività delle major sono slegate dal file sharing. Soto non sarà obbligato a pagare i 13 milioni di euro chiesti all’epoca dall’accusa .
Non affatto soddisfatti i vertici di Promusicae , che hanno subito annunciato l’intenzione di ricorrere in appello. Mentre Soto ha parlato dei problemi incontrati nel corso degli ultimi anni, con zero possibilità di attirare investitori a causa della milionaria spada di Damocle sulla testa di client come Blubster e Piolet .
Mauro Vecchio