“Dal punto di vista tecnico, tale emendamento mi pare scritto male, ed anche pericoloso per la libertà della rete”: sono parole dell’onorevole Roberto Cassinelli (PDL), sono le motivazioni per cui ha presentato un emendamento all’emendamento, un testo che possa correggere le storture dell’ articolo 50 bis , incastonato nel testo del cosiddetto pacchetto sicurezza su proposta del senatore Gianpiero D’Alia (UDC).
D’Alia ha difeso il 50 bis nel corso di un’intervista rilasciata ad Alessandro Gilioli; ha sottolineato la necessità di procedere alla regolamentazione di Internet, un’esigenza nata dalle “vicende che hanno riguardato Facebook”; ha spiegato che è necessario procedere perché “non vi è alcuno strumento nell’ordinamento che consenta un intervento immediato” nel momento in cui la magistratura stia indagando su un caso di sospetta incitazione a delinquere o apologia di reato.
Le reazioni della rete sono state immediate, la decostruzione da parte di esperti e netizen è stata tempestiva. Facebook ha risposto sulle pagine di Bloomberg : l’azienda ritiene preoccupante il testo di una legge che preveda “qualcosa di simile alla chiusura dell’intera rete ferroviaria di uno stato per colpa di qualche discutibile graffito in una stazione”. A maggior ragione se, sottolineano da Facebook, “dimostriamo di prendere in considerazione molto seriamente i contenuti che incitano alla violenza e lavoreremo molto rapidamente per rimuoverli”. Ad intervenire nel dibattito, anche Google: intervistato da Vittorio Zambardino, l’european policy counsel della Grande G ha espresso preoccupazione nei confronti di una disposizione che potrebbe di fatto, mettendo in campo strumenti tecnici inadeguati, attentare al diritto ad esprimersi liberamente e ad informarsi, un diritto garantito a tutti i cittadini.
D’Alia, pur declinando l’opportunità di confrontarsi direttamente con la rete, ha offerto una risposta fra i post del blog di Zambardino, sottolineando come “le letture di comodo date in questi giorni al mio emendamento servano solo a mettere la testa sotto la sabbia e a far finta di non vedere i misfatti che vengono perpetrati nelle zone franche di Internet: salvo che non valga il principio, largamente diffuso in questi giorni, di una certa intangibilità della rete”.
Ma l'”intangibilità della rete” non è semplicemente uno slogan che riempie bocche e post di netizen ed esperti: l’onorevole Cassinelli, già autore, supportato dalle istanze e dai consigli dei cittadini della rete, di una proposta di legge che promette di tracciare uno spartiacque tra le responsabilità e gli oneri in capo ai netizen e ai professionisti dell’informazione, è intervenuto per chiedere un emendamento al 50 bis .
Cassinelli, racconta in prima persona a mezzo post, si è avvalso della collaborazione di “tecnici e giuristi esperti della materia” per tentare di sgombrare dal futuro della rete italiana l’ ombra delle epurazioni, giustificate solo dalla mancanza di strumenti tecnici che non consentano di agire chirurgicamente sui contenuti postati. “Da Internet devono scomparire tutti i siti e le pagine che istigano a delinquere o che inneggiano alla mafia e alla violenza – denuncia Cassinelli – ma per fare ciò non si può pensare di oscurare l’intera rete”: l’onorevole, invece che a “filtraggi” e “oscuramenti” chiede di intervenire facendo appello alle richieste di rimozione .
Il testo della proposta di emendamento messo a disposizione dall’onorevole, predispone un procedimento graduale per rimuovere dalla rete i contenuti sotto indagine: poiché spesso i cittadini della rete si mostrano reattivi nel rispondere alle richieste di rimozione, Cassinelli vorrebbe rivolgersi direttamente a colui che si ritiene autore delle sortite che potrebbero rappresentare “delitti di istigazione a delinquere o a disobbedire alle leggi” o “delitti di apologia di reato”. Non verrebbe più chiamato in causa il Ministro dell’Interno, ma dovrebbe essere la stessa autorità giudiziaria ad ordinare l'”immediata rimozione a titolo preventivo e cautelare” del contenuto. Il netizen dovrebbe avere 24 ore di tempo per ottemperare: sul suo capo, in caso di inadempienza, pende una sanzione che, a seconda del ritardo, oscilla tra i 1.000 e i 70.000 euro.
Se entro 72 ore il netizen non dovesse rispondere all’appello, suggerisce Cassinelli sostituendo nella sua totalità il secondo comma del 50bis, scatterebbe la richiesta all’intermediario più prossimo all’autore della pubblicazione sotto indagine: il gestore della piattaforma su cui giace il contenuto. “L’autorità giudiziaria – così recita la proposta di emendamento – può ordinare al fornitore del servizio di hosting che ha in gestione la piattaforma telematica attraverso la quale il contenuto è diffuso al pubblico, di procedere alla sua rimozione, a titolo preventivo e cautelare, ove abbia la possibilità tecnica di procedervi senza pregiudizio per l’accessibilità a contenuti estranei al procedimento”. Una multa che varia tra i 10.000 e i 100.000 euro è prevista per i responsabili delle piattaforme che non provvedano entro 48 ore alla rimozione. Senza coinvolgere in alcun modo gli ISP , meri fornitori di connettività e non braccio ufficiale della legge, senza attentare alla presenza online di contenuti pienamente leciti con strumenti di inibizione dell’accesso che non possano agire in maniera circostanziata.
Oltre a chiarire le modalità di impugnazione dei provvedimenti, fumose nel testo dell’emendamento proposto da D’Alia, facendo riferimento al codice di procedura penale, Cassinelli propone di ampliare il dibattito istituendo un tavolo tecnico deputato al “coordinamento dell’attività di monitoraggio e repressione dei reati commessi a mezzo Internet”. Un consesso non più votato a individuare misure tecniche di intervento, un consesso a cui dovrebbero partecipare non solo i rappresentanti del ministero dell’Interno, del ministero della Giustizia e del ministero dello Sviluppo Economico, come previsto nella proposta di D’Alia, ma anche i “rappresentanti delle società e delle associazioni di categoria dei prestatori dei servizi della società dell’informazione”.
Cassinelli, con la propria proposta, persegue la proporzione tra l’esigenza di garantire ai cittadini una rete scevra da manifestazioni di reati di opinione e una rete che si possa fruire e partecipare appieno: “Credo che questo testo sia in grado di coniugare la necessità di impedire l’istigazione a delinquere on-line con la garanzia assoluta di democrazia e libertà in rete”. L’onorevole auspica che l’emendamento venga approvato con un’ampia maggioranza: “Ne va anche della credibilità del Parlamento, che altrimenti darebbe l’impressione di voler legiferare su argomenti tecnici senza avere le conoscenze per farlo”.
Gaia Bottà