La Rete è cambiata. Raccontata dai media, l’ormai annosa lotta tra coloro che sostengono una rete neutrale al 100 per cento e i provider che puntano invece a regolare l’accesso a certi servizi altro non è che un fenomeno che si evolve da tempo. Se ne sono accorti gli utenti, soprattutto quelli che fanno uso di applicazioni come il peer-to-peer, che spesso e volentieri si scontrano con forti o fortissime limitazioni della banda da parte dei provider. Per questi ultimi i problemi sono peraltro sempre quelli: la banda non è infinita, le applicazioni online sempre più esose e il numero di netizen in continua crescita.
Per questo Marco Gioanola , consultant engineer di Arbor Networks , spiega a Punto Informatico che l’attenzione di chi fornisce connettività si è spostata da tempo su tecnologie in grado di tenere sotto controllo l’utilizzo della rete: “I provider hanno passato anni ad acquisire server, banda, apparati: ora pensano ad ottimizzare la banda per offrire servizi adeguati”. E a dirlo è uno che ne sa: Arbor è proprio uno dei fornitori di questo genere di tecnologie.
Tutte quelle sigle che oggi sono al centro della domanda dei consumatori, dal VoIP alla IPTV, sono applicazioni che quando vengono vendute devono essere garantite : “Per questo occorre ripulire il traffico, eliminare il rumore di fondo in rete”. E per riuscirci, per intervenire in modo chirurgico, l’unica soluzione possibile secondo Arbor resta la controversa Deep Packet Inspection ( DPI ).
“In Italia come altrove vediamo molto interesse da parte di provider, soprattutto quelli di dimensioni medio-grandi ma anche i più piccoli” racconta, e il mercato mobile non fa eccezione : “L’accesso in movimento ha necessità molto spinte di ottimizzazione, visto che la limitazione della banda è di tipo fisico”. Anche il WiMax , nonostante le premesse, proporrà problematiche analoghe: “In quel caso c’è il problema del conflitto tra gli utenti per accaparrarsi la banda disponibile: quello che noi prevediamo è che gli ISP che intendano offrire servizi a valore aggiunto abbiano bisogno di qualche tipo di ottimizzazione”.
Si tratta di tecnologie che sono in fase di sviluppo da anni : solo negli ultimi tempi hanno raggiunto le prime pagine dei giornali per via di fatti eclatanti come il caso Comcast , ma per Arbor Networks e per Gioanola sono la reale soluzione del problema. “La nostra stima è che più del 30 per cento del traffico in transito in media sulle reti è costituito dal P2P – spiega – ma il dato realmente interessante è che questo traffico assorbe una grande quantità di banda che viene utilizzata da pochi utenti: si tratta di necessità particolari, che però in determinati casi si trasformano in autentiche fagocita-banda”.
D’altra parte, secondo Gioanola, ci sono ampie fette di utenti che necessitano di poca banda ma di qualità : “Sono gli utenti di VoIP e streaming: se hanno pagato è giusto che quei servizi gli siano garantiti, e dunque i provider vanno nella direzione della creazioni di profili di navigazione per ottimizzare questi servizi”. Per Arbor Networks, che con l’acquisizione di Elacoya avvenuta all’inizio del 2008 è divenuto un player importante anche nel settore DPI, il traffic shaping non è dunque il male assoluto .
Per spiegare il suo punto di vista, Gioanola fa l’esempio di quanto accaduto nel Regno Unito con Plusnet . “Tramite dei nostri apparati ha integrato un pannello di controllo dove ciascun utente può controllare la quantità di traffico che sta consumando e di quale tipo di dati si tratti”: in questo modo il cliente può decidere che tipo di profilo di tariffazione vuole adottare , e se il suo servizio ha dei limiti di banda mensili può essere sempre certo di non sforare. Di notte, poi, spazio al file sharing senza limiti.
“Dare maggiore flessibilità all’utente sul metodo di utilizzo della banda è quanto auspichiamo” spiega Gioanola: in questo modo per l’utente è possibile pagare solo quanto utilizza davvero – se ad esempio si limita ad utilizzare la connessione per navigare e scaricare la posta – e nello stesso tempo il provider può ottimizzare la banda a sua disposizione e garantire a tutti i suoi clienti un servizio adeguato.
Chi vuole il P2P sceglierà una tariffa dedicata al P2P , chi vuole il video on demand o fare telefonate con il VoIP farà altrettanto: “Stiamo iniziando a vederlo in Asia e negli USA: da un certo punto di vista potrebbe sembrare un ritorno al passato, visto che ormai ci siamo abituati alla flat, ma in questo modo è possibile personalizzare il proprio abbonamento”.
“Il business della vendita di connettività nuda e cruda ha margini bassi – continua – tutti i service provider cercando di inventarsi servizi aggiuntivi e vogliono garantire qualità al cliente”. E questo succede anche e soprattutto sulle reti mobili , che al momento sono il settore emergente in Italia e altrove. Attenzione, però, perché “se certe informazioni non vengono proposte correttamente possono causare fraintendimenti”. Ma la questione è l’ approccio tenuto verso queste nuove tecnologie: “Se usato in maniera trasparente, la DPI offre flessibilità all’utente stesso”.
Gioanola chiarisce che non è intenzione della sua azienda o dei suoi partner mettere in discussione la neutralità di Internet : “Il rischio c’è, ma quello che cerchiamo di far passare è un approccio pragmatico”. La DPI serve , ad esempio, anche per limitare fenomeni quali DDoS e botnet , che possono essere più facilmente tenuti sotto controllo unendo il più tradizionale controllo dei flussi alla nuova tecnologia di controllo dei pacchetti: “Il problema dei provider è che la loro banda è occupata da questo tipo di attività”.
Nel caso degli attacchi DDoS, ad esempio, si parla del 2 per cento del traffico totale di Internet : “Detto così non sembra granché, ma basti pensare che equivale al traffico generato da tutte le email: se gli ISP riuscissero a ripulire questo traffico – conclude – avrebbero altra banda da offrire a clienti vecchi e nuovi”.
a cura di Luca Annunziata