Il Governo italiano deve farsi promotore di modifiche legislative che impongano ai provider di servizi internet nuove responsabilità su quanto avviene sulle proprie reti, affinché si ponga immediato rimedio ai continuati abusi ai danni dei detentori dei diritti d’autore da parte degli utenti Internet. Si può sintetizzare così una nota diramata ieri da FIMI , la Federazione dell’industria musicale italiana.
A detta di FIMI, Roma deve intervenire in Europa, dove tra l’altro è partita la revisione delle normative che regolano proprio questi aspetti delle attività degli ISP, perché gli abusi avvengono con “la deliberata tolleranza dei service provider”.
“Scaricare abusivamente un brano musicale da Internet, rubare un telefonino ad un coetaneo, sembrano ormai essere considerati un fatto comune tra molti giovani – ha dichiarato il presidente di FIMI Enzo Mazza – Recentemente l’Istat ha fotografato una realtà dove piratare musica è una pratica cresciuta in maniera esponenziale tra i giovani, e se da un lato ci si interroga sulle colpe dei ragazzi e delle loro famiglie, dall’altro andrebbero identificate anche le responsabilità di chi finge di non vedere”.
L’attacco alle normative attuali che in buona sostanza immunizzano i provider dalle attività degli utenti è ad alzo zero. “L’unica risposta giunta dai service provider – ha dichiarato Mazza – è un codice di autoregolamentazione dove gli ISP si preoccupano unicamente di evitare fastidi, anche se i recenti fatti di cronaca mostrano come gli stessi debbano essere ricondotti alle loro precise responsabilità”.
“Mazza – spiega a Punto Informatico Stefano Quintarelli, presidente dell’associazione italiana dei provider AIIP – vorrebbe cioè che la Società Autostrade intervenga se qualcuno trasporta qualcosa di illegale in autostrada. Una visione contraria alle leggi europee e a quelle italiane, a partire dalla Costituzione. Non vogliamo né possiamo violare queste leggi e tantomeno la Costituzione”.
“Sul fatto che scambiarsi file sia un reato – aggiunge Paolo Nuti, vicepresidente AIIP – siamo tutti d’accordo, lo prevede la legge. Ma è anche evidente che i provider non possano essere considerati responsabili per le attività degli utenti, come afferma con chiarezza la direttiva europea sul commercio elettronico (n. 31 del 2000) nonché il decreto legislativo (n. 70 del 2003) con cui è stata recepita in Italia”.
La sensazione degli operatori è che l’appello di Mazza al Governo sia tempestivo: come accennato, proprio in questi giorni è partito informalmente un processo di revisione di quella direttiva , processo nel quale FIMI vorrebbe che Roma intervenisse con forza. “È chiaro – continua Nuti – che se la direttiva dovesse essere modificata, e prevedere cioè un obbligo di sorveglianza, la stessa Internet cambierebbe, in Italia nei fatti ne determinerebbe la chiusura”.
Nuti affronta il problema a 360 gradi: “Lo strumento più comodo per i detentori dei diritti per ridurre la pirateria su Internet, starebbe nella possibilità per i provider di girare ai propri utenti le segnalazioni di violazione che arrivano dall’industria. Ma questo non può avvenire, per due ragioni”. “La prima – spiega Nuti – risiede nel fatto che gli ISP sono tenuti per legge a girare questo genere di segnalazioni alla Polizia delle Comunicazioni, e se non lo fanno sono considerati civilmente responsabili dei danni fatti dagli utenti. La seconda è che in Italia vige la perseguibilità d’ufficio per questo genere di reati, quindi una volta fatta la denuncia alla Polizia, gli ISP non possono avvisare l’utente perché è appunto perseguibile d’ufficio, quindi l’informazione è segreta”.
I provider segnalano anche come questi due ultimi aspetti della questione non siano previsti dalla direttiva comunitaria ma siano stati inclusi nel recepimento italiano della direttiva. “L’Italia – sottolinea Nuti – è l’unico paese al mondo dove la pirateria è perseguibile d’ufficio”.