Roma – Ci si sta dunque arrivando. Dopo anni di scorribande legali delle case discografiche contro le società che producono sistemi di condivisione, al Congresso avanza la proposta di rendere illegali tout-court i software di file sharing .
La notizia era stata accolta nelle scorse settimane con ironia ma l’influenza del senatore Orrin Hatch, che presiede la commissione Giustizia del Senato statunitense, ha consentito al progetto di raccogliere molti consensi e c’è dunque chi teme che possa davvero diventare legge. Hatch è un nome ben noto a chi si occupa di libertà digitali, perché è da sempre sostenitore della linea dura . Il senatore è persino arrivato a proporre di distruggere i PC di chi condivide .
Ora invece, per boicottare le società che producono i software del peer-to-peer, Hatch agitando tra gli altri anche uno strumento che non solo ha una certa presa sull’elettorato ma anche rende difficile ai suoi colleghi opporsi al provvedimento. Questo strumento è la grande suggestione che la lotta agli abusi pedofili si combatte in rete, reprimendo la diffusione di materiali pedopornografici. Spaccio che si compie, evidentemente, anche sul P2P. Non solo, il senatore proprio in queste ore ha limato la propria proposta normativa per far sì che chi produce software P2P sia considerato alla stregua di un istigatore alla delinquenza .
“Ci sono alcune corporation – ha dichiarato recentemente Hatch – che sembrano credere di poter lucrare inducendo i bambini al furto, di poter legalmente corrompere i bambini ed altri con promesse fasulle di musica gratis”. Non è dunque un caso che siano già entusiasti sostenitori della proposta numerosi parlamentari, tra i quali anche i due leader delle opposte fazioni della maggioranza e della minoranza al Senato. Concreto, quindi, il rischio che effettivamente divenga legge l’atto dal titolo “Istigazione alla violazione delle leggi sul copyright”.
La proposta Hatch si deve, come è esplicitato dal senatore stesso, al fatto che un tribunale federale ha assolto il celebre sistema di sharing Grokster , in pratica stabilendo che un produttore di software che possa essere usato anche a fini leciti non può essere responsabile per gli usi illegali dello stesso da parte dei propri utenti (la cosiddetta difesa Betamax ). La sentenza Grokster viene letta così da Hatch: “Un tribunale federale ha affermato che gli artisti possono far valere i propri diritti denunciando bambini e studenti traviati, mentre si chiedono ulteriori indicazioni legislative per far sì che gli artisti possano invece denunciare le aziende che lucrano inducendo i minori a violare la legge e a commettere dei crimini”.
A remare contro Hatch sono per una volta i tempi parlamentari, assai contingentati, e l’opposizione che sta montando contro la proposta da parte di diverse società Internet. L’operatore Verizon , uno dei più importanti carrier americani, ha già spiegato di ritenere il provvedimento un tentativo di “intimidazione” ai danni di coloro che sono invisi “ai detentori dei diritti”.
Dire cosa accadrà nelle prossime settimane è dunque arduo. Quello che è sicuro è che rendere illegale la produzione di software di condivisione significa tentare di impedire lo sviluppo della Rete . Non è un caso che chi ha criticato la proposta già parli di un testo poco definito che rischia di rendere illegali anche i siti che consentono di scaricare software piuttosto che la visione di trasmissioni TV via Internet. Ma basta pensare alle mille modalità con cui i file possono essere scambiati in una rete di computer, che nasce appunto a quello scopo, per comprendere la fondamentale inutilità di questo nuovo pericoloso passo contro la Rete. A meno che, dopo aver reso illegale Kazaa o eMule , non si voglia far fuori anche, chessò, i produttori di posta elettronica, i servizi che offrono le chat o le softwarehouse dell’instant messaging.