Il direttore creativo dell’editore di giochi THQ , Michael Fitch, si è sfogato in un lungo post sul forum QuarterToThree esprimendo tutta la sua amarezza: “La mia ricerca mi ha portato a questi risultati sulla pirateria: una percentuale fra il 70 e l’85% negli USA, più del 90% in Europa”.
Il dissenso di Fitch è legato alla recente chiusura di Iron Lore Entertainment, software house specializzata nei videogiochi di ruolo e strategici, produttrice – fra gli altri – di Titan Quest e Warhammer 40.000 e fondata dal co-creatore di Age Of Empires. I giochi di Iron Lore erano distribuiti tramite THQ. Michael Fitch non ha dubbi: è colpa della pirateria. “All’inizio non ci credevo. Sembrava un dato troppo elevato. Poi ho visto che Bioshock stava vendendo su console 5 volte più che sul mercato PC. E Call Of Duty 4 stava vendendo con un rapporto 10 a 1. E non credo proprio ci sia una differenza così grande nel numero di persone che li hanno realmente giocati su console e PC, piuttosto una grande differenza nel numero di persone che li hanno pagati”.
“Quando il 90% delle persone non compra un videogame, ci si deve affidare a quel 10% del pubblico che invece decide di pagarlo. Con queste percentuali la differenza fra successo e fallimento è impercettibile. Basta un punto percentuale in più o in meno per essere dentro o fuori” ha spiegato Fitch. “Se anche una piccola percentuale di persone in più avesse speso un po’ di dannatissimi soldi per le oltre 40 ore di intrattenimento (riferito a Titan Quest, ndR), le cose sarebbero molto diverse oggi. Dei professionisti si sono impegnati per sviluppare un gioco davvero serio e sarebbero ancora sul mercato se la pirateria sui PC non fosse così diffusa”.
“Sviluppare un gioco per computer è un incubo e i venditori di hardware lo rendono sempre peggiore – lamenta lo sviluppatore – Videochip integrati, audio integrato… Le componenti più economiche significano inevitabilmente hardware senza supporto driver, senza alcun rispetto degli standard e non di rado bizzarri conflitti hardware”.
“E anche quando raggiungi la compatibilità hardware – e dio solo sa quanto i venditori di hardware la rendono sempre più difficile – devi ancora fare fronte ai problemi con il software” ha spiegato Fitch, che prosegue: “Sulla maggior parte dei computer la gente ha in background un sacco di applicazioni di cui in molti casi non conosce neppure l’esistenza. Messenger, applicazioni P2P, adware e malware a mettere sotto sforzo la CPU. Ma come al solito, se il gioco non parte è sempre colpa del prodotto”. E ribadisce: “La cultura del non può sicuramente essere un problema causato da me è fin troppo diffusa”.
Nel suo lungo intervento, Michael Fitch si scaglia contro produttori di hardware, utenti e videogiocatori. Lo fa con gli occhi iniettati di sangue, la frustrazione è palese e lui non fa nulla per nasconderla. Ha torto o ragione? Ai posteri l’ardua sentenza.
Enrico “Fr4nk” Giancipoli