Flame (o Flamer), la nuova cyber-minaccia che tanto sta facendo parlare di sé in questi giorni non è una creatura israeliana. La versione ufficiale del governo di Gerusalemme corregge il tiro delle parole diffuse dal vice-primo ministro Moshe Yaalon, mentre le società di sicurezza continuano ad analizzare il complesso malware.
Il coinvolgimento israeliano nella creazione al cyber-tool di spionaggio avanzato (cattura di password, screenshot periodico, audio e video dalla camera presente sul PC infetto e altro ancora) era stato indicato dagli esperti iraniani , e lo stesso Yaalon aveva dato adito a simili congetture con le sue dichiarazioni sulla faccenda.
Ma il vice-primo ministro è stato frainteso , sostengono ora i portavoce del governo israeliano, perché presupporre l’esistenza di governi occidentali con le capacità tecnico-economiche adeguate per finanziare Flame e lanciarlo contro le strutture informatiche dell’Iran – come Yaalon in effetti ha fatto – non significa in alcun modo attribuirsi la paternità dello sviluppo del malware.
Intanto la discussione su Flame continua: Kaspersky procede nella sua analisi dei complessi meccanismi interni della cyber-minaccia con struttura a plug-in spiegando nei dettagli le funzionalità dei vari moduli attualmente individuati nelle infezioni, mentre la discussione in rete più generalista tende a ridimensionare l’allarme (o la sua esclusività) lanciato dalla security enterprise moscovita, descrivendo Flame come l’ennesimo malware che fa cose già viste e osservate altrove.
Alfonso Maruccia