I social network alla base di un intenso dibattito, aperto dall’ intervento di Sean Parker all’ultimo Web 2.0 Summit di San Francisco. E il celebre co-founder di Napster non ha dato grandi speranze alla nuova sfida lanciata da Google Plus, non se rimarrà stabile l’attuale Olimpo delle piattaforme condivise.
È complicato remare contro il network effect , ha sentenziato Parker nel corso del suo intervento. Secondo il founder di Plaxo – nonché tra i principali finanziatori di Spotify – Google Plus avrebbe qualche chance solo in casi estremi, qualora Facebook dovesse entrare “in un gran casino”.
Uno scenario attualmente improbabile. Sempre secondo Parker, il vero problema del sito in blu non riguarderebbe la tanto chiacchierata gestione in materia di privacy. Piuttosto quella del flusso infinito delle informazioni che inondano gli utenti, solo in parte contenuto grazie alla segmentazione delle amicizie .
Parker ha infatti tirato in ballo – come esempio virtuoso – le recenti modifiche annunciate da Facebook per la gestione dei gruppi di amici. Che si traducono in una segmentazione del flusso in entrata/uscita dei post, così divisi per generi di amicizia . Il cofondatore di Napster ha sottolineato come Google Plus debba davvero inventarsi “qualcosa di estremamente brillante”.
Di Google Plus e Facebook ha poi parlato l’altrettanto celebre founder di 4chan Christopher Poole, anch’egli intervenuto nel corso del Web 2.0 Summit . Nel mirino è finita ancora una volta la delicata questione delle identità online, trattate da Facebook “come al fast food”.
Poole ha citato Twitter tra gli esempi virtuosi, perché maggiormente in sintonia con il concetto moderno di identità digitale . Google Plus e Facebook obbligherebbero invece gli utenti a dichiararsi e una volta sola (e per sempre). Secondo il founder di 4chan, i netizen vorrebbero anonimato e un numero maggiore di esistenze di bit.
Mauro Vecchio