Web – Ebbene sì, tornerà la pubblicità online e il mercato dell’advertising su web si riprenderà e riporterà in alto le speranze di molti. Questa una delle più importanti previsioni di Forrester Research in uno studio che analizza le possibilità e i tempi di ripresa della pubblicità via internet.
Secondo Forrester, entro il 2006 la spesa di marketing su internet salirà a quota 21 miliardi di dollari. Di tutta la pubblicità sviluppata sugli altri media e comunque sia dentro che fuori dalla rete, online arriverà il 5,4 per cento, una percentuale che collocherà la pubblicità via internet ad un livello simile a quello che si registra per riviste e magazine.
Ma questi investimenti non riguarderanno tutti i siti. La grande parte del “traffico internet” è infatti attirato da un pugno di portali e imprese, da AOL ad Amazon passando per Yahoo o MSN, e saranno loro a godere in massima parte dell’aumento dell’investimento pubblicitario online. Già oggi questi sitoni catturano intorno al 60 per cento di tutte le pubblicità, una percentuale che continuerà ad aumentare anche nel prossimo futuro.
Forrester si dice convinta che le paure che fanno tremare i mercati dall’11 settembre saranno tra le motivazioni per le quali le imprese vedranno nuovamente il web come obiettivo per la propria promozione. Secondo Forrester, però, il mercato premierà solo alcuni siti, e molti dovranno chiudere.
L’evoluzione della pubblicità online avviene comunque nei tempi lunghi. L’osservatorio di ricerca stima infatti che nel 2002 l’incremento della spesa per i media digitali salirà complessivamente solo del 6 per cento e bisognerà attendere il 2003 per vedere un vero recupero.
Secondo Jim Nail, analista Forrester, c’è ancora tutta una cultura da costruire tra chi si occupa di marketing: “Ho avuto discussioni – ha spiegato a Newsbytes – con alcuni commerciali che hanno fatto tonnellate di studi che dimostrano come la pubblicità online porti a ottimi risultati nella definizione del marchio e nella propensione all’acquisto. Ma loro ancora ti dicono: sì, però devo vedere il link con le vendite offline”.
Nail sostiene che vi sia un atteggiamento ambiguo rispetto al nuovo mezzo, e che si dia un’importanza eccessiva al conteggio dei click sui banner o ad altre misurazioni che non tengono conto dell’effetto complessivo delle campagne pubblicitarie online. “Questo mi dice – ha continuato Nail – che i commerciali non vogliono un nuovo medium che consenta di fare branding. Ne hanno già uno, la televisione, sul quale spendono molti soldi senza sapere quanto effettivamente ci guadagnano”.