Inizia da un dato incontrovertibile l’intervento di Jeremy Rifkin all’apertura dei lavori di Forum PA 2016 : la crescita del PIL a livello planetario sta rallentando, il tasso di disoccupazione è in salita in molti paesi , e tutto questo mal si sposa con il mantra della crescita costante che impone il capitalismo moderno. La crisi che stiamo affrontando, dice il professore, “è strutturale e profonda” e “il cambiamento climatico una realtà, non una teoria”: la sua ricetta per invertire la tendenza e scongiurare la catastrofe passa tutta per il digitale.
Arrivato a Roma appositamente per inaugurare con una sua lectio magistralis l’evento che ormai da anni riunisce a Roma gli addetti ai lavori della pubblica amministrazione, che si tratti di amministratori, dirigenti o di aziende, Rifkin non si tira indietro e come sua consuetudine dice chiaro e tondo dove sono i problemi secondo il suo punto di vista. Il cambiamento climatico sta alterando il ciclo dell’acqua sul pianeta, sta amplificando i fenomeni atmosferici estremi . L’attuale economia ha garantito un miglioramento della condizione di vita per una parte della popolazione mondiale, ma anche un’esasperazione delle differenze tra diversi ceti sociali.
Tutto questo dipinge un quadro a tinte cupe, e Rifkin non fa nulla per schiarirlo: non c’è rimasto tempo per tergiversare su quale sia la soluzione migliore, 30 anni sono il massimo che abbiamo a disposizione . Sul pianeta si sono già verificate in passato estinzioni di massa a causa dei cambiamenti nella chimica del clima, la nostra civiltà potrebbe tranquillamente infilarsi da sola in un vicolo cieco e fare la stessa fine del 95 per cento delle altre specie che si sono succedute ed estinte sul pianeta. Ma è qui che si inserisce la formula magica che Rifkin ritiene sia la soluzione a gran parte dei problemi del genere umano.
Ancora una volta parte da lontano, dalla prima rivoluzione industriale: quella del carbone e del vapore, che ha migliorato in modo drastico il modo di vivere e di muoversi del genere umano. E lo stesso è accaduto con la seconda rivoluzione industriale, quella del XX secolo caratterizzata dal petrolio, dai nuovi media come telefono e TV, e dalle automobili. Ma oggi quella che stiamo scontando come crisi non è il terremoto, bensì solo le scosse di assestamento di un’economia stagnante e in agonia che sta cedendo il passo al nuovo corso.
Oggi siamo arrivati alla terza rivoluzione industriale, definizione che lo stesso Rifkin già ha utilizzato in uno dei suo libri più recenti : è l’economia del digitale, dell’informazione, della condivisione , la cosiddetta sharing economy . L’economia del GPS, del 5G, delle auto-robot, dell’educazione digitale. Il valore non si produce più solo con i prodotti, ma con i servizi e con il singolo individuo che contribuisce alla creazione di contenuti che vengono distribuiti con costo di realizzazione e diffusione che tende a zero. “Una condivisione pervasiva – dice Rifkin – in cui tutta l’umanità si può trasformare in un’unica grande famiglia disintermediata”.
Per verificare la bontà delle sue parole, a quanto dice Rifkin, basta guardare all’esempio della Germania: la cancelliera Merkel si è avvalsa della consulenza del teorico di Denver, e negli anni della sua amministrazione ha impartito al paese una svolta che oggi produce una leadership consolidata in Europa. Per esempio con il 32 per cento di energie rinnovabili sul totale nazionale prodotte tramite l’eolico, con l’obiettivo di arrivare al 100 per cento nel 2040 : tutte le grandi aziende dell’energia tedesche si sono affidate a questa visione avviando una trasformazione del proprio business, da semplici venditori di energia a gestori dell’energia per conto di piccoli produttori e dei clienti finali.
Lo stesso sta facendo la Cina , paese dai più visto come ancora strettamente legato al consumo di petrolio e combustibili fossili vista la costante crescente domanda di energia legata allo sviluppo: Rifkin conferma di stare collaborando con la leadership del paese più popoloso del mondo, che 11 settimane dopo il primo incontro con lo studioso statunitense ha avviato un programma denominato Internet+China con un investimento iniziale di 82 miliardi di dollari per avviare la transizione verso le rinnovabili. L’obiettivo dichiarato, inserito nel piano quinquennale varato dall’attuale premier, è di diventare i numeri uno a livello planetario per l’adozione di queste tecnologie.
L’Italia, manco a dirlo, è ancora legata al vecchio concetto della seconda rivoluzione industriale : ma non è un percorso che ci porterà molto lontano, visto che la generazione dei millennials e le successive sono già orientate verso un nuovo tipo di consumi ed esigenze che mal si sposano con i vecchi paradigmi. Il possesso di un’automobile, o più di un’automobile, per ciascun nucleo familiare è visto sempre più come alieno alle proprie esigenze: ci sono le vetture del car sharing e i servizi come Uber che eliminano questa necessità. Ciò produce un impatto sull’industria dell’automobile, dunque al calare delle vendite occorre trovare un’alternativa per i settori che subiranno l’impatto diretto di questa trasformazione.
In passato Rifkin aveva anche pronosticato la fine del lavoro come lo conosciamo oggi : quello che aggiunge, oggi, è che per raggiungere quell’obiettivo ci vorranno ancora parecchie generazioni e nel frattempo ci sono tantissimi lavori che nasceranno e stanno già nascendo. Per esempio bisogna intervenire sulle cause del riscaldamento globale, rendendo gli edifici in cui viviamo e lavoriamo ecologici e digitali; bisognerà cambiare l’approccio all’agricoltura, per liberarsi dalla schiavitù del petrolio che sta nei fertilizzanti e avviare attività che coniughino coltivazioni e parchi eolici e solari. Oppure, ed ecco l’opportunità per l’industria dell’auto, accogliere la rivoluzione della guida automatica e trasformare i veicoli in vettori che raccolgo e trasmettono informazioni che possono diventare preziose per costituire un nuovo business.
Concetti che sono indispensabili da comprendere per chi oggi tiene in mano le leve del comando. Siamo pur sempre a una fiera dedicata alla PA, dunque occorre tradurre certi concetti in ricette pratiche da applicare. Sul palco assieme a Rifkin c’era anche il CEO di HP Enterprise Italia, Stefano Venturi , che abbiamo sentito a margine dell’evento: “Occorre mettere il cittadino al centro, e per farlo occorre ripensare interamente i processi della PA – dice a Punto Informatico – La cultura digitale è tutto: significa non digitalizzare l’esistente, bensì cambiare i processi alla base. Le regole della PA, compreso il Codice degli Appalti, vanno aggiornate per premiare l’innovazione e non chi perpetua le vecchie liturgie per non rischiare”.
Tornando alle parole di Rifkin, secondo lo studioso statunitense le nuove generazioni hanno già compreso che una rivoluzione è in atto , e più che adeguarsi stanno plasmandola. “I giovani stanno cambiando il modo in cui intendono il potere, la libertà e il loro ruolo nella società”: niente più cittadini individui in eterna lotta per risorse scarse, ma una sola comunità che collabora per affrontare i problemi della biosfera e che in questo modo ridefinisce le proprie abitudini per autoregolarsi ed arginare i comportamenti che hanno portato a questo stato delle cose.
È un concetto interessante, che in qualche modo supera l’attuale impostazione verticistica e piramidale degli stati moderni: non c’è un individuo incaricato di salvare la nazione, bensì un collettivo che coopera per contribuire ciascuno nella propria misura allo scopo. “Senza cooperazione e interoperabilità – ci dice, commentando l’intervento di Jeremy Rifkin, Simonetta Moreschini, direttore della divisione Pubblica Amministrazione di Microsoft Italia – tutto questo ragionamento non sta in piedi: le possibilità di successo sono ridotte se non mettiamo in comune le risorse, e le competenze digitali vanno promosse all’interno della PA che purtroppo è ancora ferma al 41 per cento di penetrazione per questi temi. Siamo decisamente in ritardo”.
In parallelo a questo approccio di collaborazione, in questo caso tra diverse parti della PA, si inserisce proprio l’ annuncio fatto da Microsoft e Corte dei Conti in occasione del Forum: la riprogettazione e l’ammodernamento della infrastruttura digitale dell’organismo per migrare verso un concetto di cloud ibrido. “È una innovazione importante – spiega a Punto Informatico Moreschini – perché non solo si ottimizza un datacenter ma anche perché pone la Corte di Conti come potenziale fornitore di servizi per altra PA: le soluzioni cloud consentono la collaborazione, consentono di creare efficienza e di risparmiare, per liberare risorse e creare più servizi da offrire ai cittadini”.
Questi casi dimostrano che c’è già in atto un tentativo di rispondere agli stimoli della terza rivoluzione industriale , quella digitale, anche in Italia e Rifkin spende parole d’elogio per il Belpaese: “Amo l’Italia, l’ho girata in lungo e in largo, se rinasco nella prossima vita mi piacerebbe essere italiano” dice. Siamo la patria della creatività, aggiunge, siamo leader in settori come la moda, l’elettronica, l’alimentazione e l’architettura: “Tutte le regioni italiane hanno le risorse per affrontare la terza rivoluzione industriale” afferma, e invita la platea a fare tesoro delle enormi risorse naturali e umane che lo Stivale possiede oggi e che può mettere a frutto. Anche solo con il Mezzogiorno, conclude, l’Italia potrebbe diventare l’avanguardia della transizione verso le energie rinnovabili basate su fotovoltaico ed eolico.
Luca Annunziata