Scoprire la vera identità di un diffamatore online può essere piuttosto difficile. Lo stanno sperimentando sulla propria pelle due studentesse di Legge dell’Università di Yale, che nel 2007 sono state oggetto di posting denigratori su AutoAdmit.com – un noto forum frequentato da studenti di Giurisprudenza e avvocati.
Le giovani, che hanno voluto mantenere anonima la propria identità, hanno presentato in tribunale una denuncia contro ignoti lo scorso giugno. Il problema è che, come ha sottolineato il loro avvocato, ogni tentativo di individuazione dei presunti diffamatori è stato vano. La richiesta dei file di log è andata a vuoto perché AutoAdmit i log proprio non li archivia. Allo stesso tempo il tentativo di coinvolgere nella caccia entità come Microsoft, Highbeam Research, University of North Carolina, ServInt Internet Services, PenTeleData, GoDaddy e altre si è dimostrato una perdita di tempo.
Come racconta Ars Technica , le risposte delle società sono state di due tipi. In un caso è stato fatto notare che per divulgare qualsiasi tipo di informazione correlata ad un utente è necessario un ordine del giudice. Nell’altro caso, le aziende hanno ricordato che non archiviano questi file di log o comunque non così a lungo – massimo 60 o 90 giorni. Emblematico il caso di Highbeam Research : contattata dai legali delle due studentesse perché alcune offese erano state pubblicate subito dopo l’inserimento di un certo post sul forum in questione che conteneva un link ad un articolo di Highbeam.
Ci hanno provato anche con una strategia alternativa: postare direttamente sul forum un messaggio per richiedere agli ignoti diffamatori di farsi vivi per un colloquio. Un’azione di “psicologia inversa” che non ha avuto alcun esito.
Le due ragazze hanno dichiarato di aver subito un forte stress, che ha influito negativamente anche sull’attività accademica. Gli attacchi infatti sono iniziati nel 2005 e si sono sempre dimostrati piuttosto aggressivi. I 28 post diffamatori le hanno accusate di aver elargito favori sessuali per superare gli esami, di essere lesbiche e altro. Senza contare le descrizioni accurate di violenze e oscenità da attuare nei loro confronti. Insomma, non si è trattato di comuni burle.
A questo punto è molto probabile che sia troppo tardi per ogni tipo di ulteriore operazione, anche se le ragazze sperano ancora di ottenere qualcosa. “Mentre i commenti nei confronti delle ragazze potrebbero non essere legalmente protetti, quelli che li hanno fatti potrebbero scoprire che la responsabilità giuridica non è importante una volta che le impronte digitali sono state spazzate e buttate nell’immondizia”, chiosa ars .
Dario d’Elia