L’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato ha molti dubbi sul meccanismo immaginato dal legislatore per incentivare le installazioni di fotovoltaico. La misura è prevista nel cosiddetto Decreto Crescita approvato nell’aprile scorso (quindi dal primo Governo Conte) e nel merito la stessa Authority sembra riconoscere la bontà degli intenti. Tuttavia ad essere bocciata è la modalità, poiché discriminatoria nei confronti di alcune aziende e pertanto potenzialmente portatrice di effetti distorsivi sul mercato.
In termini generali, l’Autorità condivide lo sforzo profuso dal Legislatore nazionale nel corso degli anni, volto a favorire, anche attraverso lo strumento dell’agevolazione fiscale, lo sviluppo di energie “green” e rinnovabili – e quindi l’installazione di impianti fotovoltaici – in ragione dei significativi benefici che essi comportano sotto il profilo ambientale e in favore di un sempre più ampio sviluppo dei relativi mercati.
Tanto premesso, tuttavia, l’Autorità ritiene opportuno evidenziare i possibili effetti distorsivi della concorrenza derivanti dal combinato disposto del Decreto Crescita e del Provvedimento attuativo dell’Agenzia delle Entrate, alla luce della attuale configurazione della struttura dell’offerta della fornitura e installazione di impianti fotovoltaici.
La misura, pensata per portare nuovi incentivi per il fotovoltaico, va dunque rivista in ragione delle osservazioni del Garante: la sensazione è che si possa evitare il muro contro muro e si possa giungere ad una soluzione di compromesso in tempi brevi.
Fotovoltaico e cessione del credito d’imposta
Nulla che non fosse già stato segnalato, ma ora c’è la voce del Garante a mettere in pericolo la misura pensata dal Governo. Secondo l’Autorità “è evidente” che un meccanismo simile possa pesantemente contribuire allo sviluppo del mercato, peraltro in una direzione particolarmente meritevole, ma al tempo stesso si andrebbero a creare gravi frizioni tra differenti dimensioni di impresa. Nella fattispecie ad essere favorite sarebbero le grandi aziende, le quali potrebbero accaparrarsi grandi quote di mercato a vantaggio dei piccoli installatori:
in ragione della possibilità di compensare fiscalmente il credito acquisito senza limiti, la cessione del credito d’imposta si traduce nei fatti in un vantaggio competitivo differenziale in favore delle imprese di maggiore dimensione e/o grandi trader di energia.
Una piccola impresa, infatti, dovrebbe affrontare due problemi al tempo stesso: la carenza di liquidità che non consentirebbe di affrontare più lavori a credito d’imposta nello stesso periodo di tempo e al tempo stesso mancherebbe la capacità di assorbire tale credito in virtù di capienza di fatturato minore:
le imprese attualmente protagoniste dell’offerta dei servizi di installazione di pannelli fotovoltaici sono imprese di piccola dimensione, che strutturalmente si trovano in credito d’imposta, in ragione del regime IVA differenziato per l’acquisto dei macchinari e la fornitura dei servizi. Lo strumento della cessione del credito con recupero a compensazione è per queste ultime di difficile, se non di impossibile, utilizzo.
La conclusione a cui giunge il Garante è quindi quella per cui “introdurre ingiustificati meccanismi di alterazione della struttura
dell’offerta in senso concentrativo, senza che, per le caratteristiche dei servizi offerti e della natura dei costi sottesi, vi sia evidenza di vantaggi per i consumatori finali“. Si favorirebbe dunque lo sviluppo del mercato ma si ridurrebbe la concorrenza, senza ricadute positive per l’utenza e con danni distorsivi nei rapporti tra grandi multiutilities e piccoli imprenditori.
L’AGCM propone anche una soluzione, auspicando che il tema possa essere affrontato quanto prima: imporre un credito massimo compensabile, affinché possa instaurarsi un meccanismo redistributivo tale da riequilibrare la situazione a minor danno della piccola impresa ed a limitazione della possibilità delle grandi imprese di fagocitare l’intero mercato. La sensazione è che se anche tutto non fosse perfetto, l’AGCM sarebbe disposta a soprassedere in virtù della bontà di intenti del legislatore, purché si intervenga a calmierare la situazione per riportare il vantaggio competitivo nelle mani del consumatore e non delle aziende avvantaggiate.