Nel tentativo di contrastare la cattiva stampa e il disastro di pubbliche relazioni che la sta investendo in questi mesi, il gigante cinese Foxconn ha deciso di approntare un nuovo aumento di salario per la sua sfortunata fabbrica teatro di molti suicidi nella città cinese di Shenzhen, e controbatte: qui la percentuale di suicidi è inferiore che nel resto della Cina . Apple è d’accordo, e si becca l’accusa di complicità da parte di un gruppo di attivisti con a base Hong Kong.
Il nuovo aumento segue quello già deciso alla fine maggio e fa lievitare il salario dei lavoratori di un ulteriore 66%, per una paga complessiva pari a 1200 Yuan (circa 147 euro al cambio attuale secondo Google ). Foxconn continua a sostenere che i suicidi – avvenuti in numero comunque minore rispetto alla media cinese – siano provocati anche dal livello di retribuzione percepito dagli operai, e promette di incrementare le paghe dopo un periodo di “revisione” delle performance del singolo lavoratore su un periodo di tre mesi ( entro ottobre ).
Ma il colosso asiatico della produzione hi-tech (800mila lavoratori impiegati in Cina, 400mila nel solo impianto “maledetto” di Shenzhen, e clienti di massimo calibro inclusi Sony, Nokia e Apple) deve continuare a far fronte ai suicidi che si susseguono senza posa, con l’ undicesima vittima morta appena il 27 maggio scorso in condizioni che contrasterebbero con quanto sin qui propagandato dai quadri dirigenti.
Stando a quanto denuncia il gruppo di attivisti Students & Scholars Against Corporate Misbehavior (SACOM), il ventisettenne Yan Li sarebbe morto letteralmente di lavoro dopo un turno continuato della durata di 34 ore. La denuncia di SACOM mal si sposa alla posizione presa da Steve Jobs sulla faccenda, con il leader di Cupertino che sostanzialmente sposa la versione della corporation cinese dei suicidi “mediamente inferiori” rispetto al resto del paese.
SACOM dice senza mezzi termini che Jobs e Apple sono complici di questa incresciosa situazione , e contribuiscono a tenere in piedi un vero e proprio lager del lavoro in cui gli operai vengono insultati, hanno pochissime pause per andare a bagno e non hanno il “permesso” di poter parlare con colleghi o familiari per un periodo di tempo enorme. Accuse che, ovviamente, hanno lo scopo di attirare l’attenzione dei media.
Alfonso Maruccia