La classe operaia sarà (forse) andata in paradiso ma i lavoratori cinesi di Foxconn continuano a vivere in un inferno fatto di ritmi massacranti, umiliazioni personali e condizioni di produzione inumane. Lo sostiene la ONG Sacom , che continua le sue indagini sugli stabilimenti del colosso asiatico e denuncia: in un anno nulla è cambiato.
L’attenzione internazionale si era focalizzata sugli stabilimenti produttivi di Foxconn per una serie di suicidi verificatisi nell’impianto di Shenzhen, e soprattutto per il fatto che la fabbrica cinese fosse il maggior fornitore di Apple, al servizio della moda per gli iCosi .
Apple si era impegnata in prima persona affinché le condizioni di lavoro nelle fabbriche di Foxconn tornassero a livelli quantomeno umani, ma i rapporti di Sacom dicono sostanzialmente che quasi nulla è cambiato : le lavoratrici e i lavoratori cinesi continuano a sostenere turni massacranti che durano dalla mattina alla sera inoltrata , sono obbligati a sopportare una sorta di addestramento militare e devono firmare una specie di abiura rispetto al suicidio che dovrebbe sancire l’illegalità della richiesta di risarcimenti congrui da parte delle famiglie.
A Shenzhen e nella fabbrica di Chengdu – dove presto la forza lavoro dovrebbe crescere fino a 200mila persone – ridere fuori tono o parlare a voce alta durante il lavoro equivale a meritarsi un’umiliazione pubblica, la richiesta straordinaria di iPad 2 negli ultimi mesi costringe a sopportare settimane lavorative di 7 giorni su 7, i salari continuano a essere miserrimi e non c’è alcuna garanzia di ricevere compensazioni per gli straordinari obbligatori.
Come risponde il management di Foxconn alle accuse di Sacom e delle altre ONG? Louis Woo, “assistente speciale” del presidente del colosso cinese, incensa le condizioni di lavoro nella fabbrica come dure ma perfettamente in linea con gli standard locali e internazionali. Qualcuno umilia i lavoratori in pubblico? Si tratta di una pratica “che noi non incoraggiamo” ma che potrebbe capitare “vista la svariata e ampia popolazione della nostra forza lavoro”.
Alfonso Maruccia