L’antitrust francese ha rielvato “possibili” abusi da parte di Google nelle sue pratiche di advertising online.
In particolare, dice l’authority transalpina, Google rischia di abusare della propria supremazia nel momento in cui manca di garantire un “livello minimo di trasparenza” o applica “condizioni discriminatorie”: elenca in tutto 14 punti di preoccupazioni circa le azioni di Google che dice possono trovare risposta nell’indagine avviata dalle autorità europee.
Lo studio, commissionato dal ministro delle Finanze francese, in realtà rappresenta solo una fase (e un giudizio) preliminare: l’ Autorité de la Concurrence si limita a sottolineare la posizione dominante sul mercato europeo di riferimento da parte di Google .
Questa situazione, tuttavia, di per sé non è sanzionata dalla normativa continentale . Ed è qualcosa che, peraltro, non dovrebbe neanche sorprendere. Lo stesso regolatore francese, infatti, sottolinea derivare da “un grande impegno nell’innovazione da parte di Mountain View, supportato da investimenti significativi e continui, e di per sé non reprensibile”.
Il rapporto dell’autorità, anche per questo, non ha valore legale, ma Google ha voluto subito respingerne le conclusioni: “Troppo stringenti per avere un impatto esteso”.
Da parte sua il regolatore francese ha detto di non ritenere necessario un nuovo regolamento per l’intero settore. Ma chiede “risposte specifiche” per la situazione di Google e le accuse mossegli di rendere la competizione troppo dura per le altre aziende .
L’azione dell’ Autorité francese si inserisce nell’intricata situazione che Mountain View si vede costretta a sbrogliare in Europa, portata davanti alle autorità UE con la stessa accusa di abuso di posizione dominante e di manipolazione dei risultati delle proprie query per sfavorire i concorrenti.
Intanto Google inizia a delineare la sua strategia per districarsene. Da un lato ribadisce la neutralità dei suoi algoritmi, e spiega per esempio come funziona l’asta per l’advertising con un video ; dall’altra cerca di far passare la teoria secondo cui il mercato di riferimento da considerare non va limitato all’advertising sul motore di ricerca (la sua principale via remunerativa), ma in generale a quello pubblicitario: “Se il canale search diventa troppo costoso – dice Google – un inserzionista può sempre rivolgersi a altre forme di annunci, sia online che offline”.
Claudio Tamburrino