Il Consiglio Costituzionale francese è stato mobilitato: la loi Création et Internet verrà sviscerata e confrontata con la carta costituzionale, si stabilirà se esistono degli attriti fra il regime di avvertimenti e disconnessioni e i principi fondamentali in cui sono condensati i diritti del cittadino.
È una frotta di deputati socialisti ad aver portato il testo della dottrina Sarkozy di fronte al Consiglio Costituzionale. La legge francese, approvata dall’ Assemblea Nazionale e dal Senato , è stata contestata dai cittadini della rete e da parte degli stessi attori del mercato. Le disconnessioni coatte imposte dall’ Haute Autorité pour la diffusion des ouvres et la protection des droits sur Internet e non dall’autorità giudiziaria, il ruolo di boia assegnato ai provider dalla legge, la libertà di azione concessa all’industria dei contenuti nel rastrellare informazioni sui comportamenti online di indirizzi IP solo in parte identificabili con il cittadino costituiscono elementi controversi: l’Europa si è espressa chiaramente in materia, bloccando l’incedere dell’intero Pacchetto Telecom pur di manifestare la propria posizione, a favore della tutela del diritto del netizen alla connettività.
I deputati socialisti contestano 11 punti, 11 disposizioni previste dal testo della legge che potrebbero collidere con la Costituzione. La disconnessione con cui culmina il regime di risposta graduale alla violazione dei diritto d’autore a parere dei ricorrenti rappresenta una sanzione sproporzionata . Privare i cittadini di una risorsa fondamentale per manifestare e per formare il proprio pensiero significherebbe comprimere un diritto fondamentale, una limitazione che solo l’autorità giudiziaria e non una autorità indipendente potrebbe imporre. A ciò si aggiunge il fatto che l’utente, una volta disconnesso, sia obbligato a continuare a pagare per una connessione di cui non può fruire , quella che il deputato Patrick Bloche ha definito “una doppia sanzione”.
A pesare sui cittadini sarebbe anche una presunzione di colpevolezza insita nel meccanismo stesso con cui si svolge la procedura di indagine e irrogazione della sanzione. Se l’industria dei contenuti potrà battere a tappeto i circuiti del P2P per recuperare indirizzi IP, se i provider dovranno agire per avvertire l’abbonato che la sua connessione è stata brandita per violare il diritto d’autore, e se l’ Hadopi decreterà la disconnessione, sarà il cittadino a dover provare la propria innocenza a sanzione irrogata. Sarà lo stesso abbonato a dover difendere non solo se stesso ma tutti coloro che godevano della connessione: una difesa che non potrà essere sostenuta se non si potrà provare di aver installato degli appositi filtri per contenere i download illeciti.
Il Consiglio Costituzionale ha a disposizione un mese per analizzare il testo e per fornire una risposta. Se il Consiglio Costituzionale si occuperà di sezionare il testo della legge francese, a decostruire i principi su cui si fonda la dottrina Sarkozy sono gli stessi detentori dei diritti. Gli ultimi ad esprimersi in materia, fra le voci dell’industria che plaude alla legge francese, è Billy Bragg, rappresentante della Featured Artists Coalition , associazione di musicisti che raccoglie nomi del calibro di Radiohead, Iron Maiden, David Gilmour. Anche nel Regno Unito l’industria dei contenuti rivendica un sistema deterrente che coinvolga la disconnessione dei netizen recidivi. Ma si tratta, a parere di Bragg, di una proposta inefficace: capace di spingere i cittadini della rete nelle darknet e incapace di sospingere un mercato che deve necessariamente adeguarsi alle esigenze e ai comportamenti della domanda.
“Se la tecnologia permette alle persone di accedere gratuitamente alla musica, le persone ne approfitteranno – scrive Bragg sulla pagine del Guardian – la prossima generazione di fan potrebbe non voler più pagare, ma sarà ancora ancora affamata di musica”. L’industria non deve reprimere, ma interpretare gli atteggiamenti della platee: “la sfida dell’industria – spiega – è trovare un modo per monetizzare i loro comportamenti”. Bragg denuncia il fatto che i colossi dei contenuti premono affinché “gli ISP facciano il lavoro sporco per loro”. Un comportamento che sta prendendo piede in numerosi paesi del mondo, non solo dove si è discusso dell’introduzione di proposte di legge analoghe a quella francese: in Australia, nel corso di un contenzioso legale che oppone il provider iiNet e un manipolo di rappresentanti degli studios, l’industria dei contenuti continua a sollecitare la disconnessione di utenti che avrebbero ripetutamente attinto alla rete per accaparrarsi contenuti senza ricompensare i detentori dei diritti. A dettare legge, a parere dell’industria, sarebbero le condizioni di utilizzo del servizio sottoscritte dagli abbonati.
Gaia Bottà