Internet deve contribuire a mantenere in vita una TV che non può più contare sulla pubblicità, i netizen devono consentire ai cittadini francesi di continuare a godere di un servizio radiotelevisivo di qualità.
La proposta di legge striscia nei Palazzi d’oltralpe dal mese di maggio: il sistema radiotelevisivo francese va riformato radicalmente, i media tradizionali possono fare affidamento solo sul canone e rischiano di trovarsi a dover offrire informazione e intrattenimento di qualità, nonostante la voragine da 800 milioni di euro che si verrà a creare con l’abolizione della pubblicità. Ma il sistema mediatico è fatto di vasi comunicanti: l’onere di sostenere la televisione spetta ai fornitori di connettività .
L’Assemblea Nazionale ha dato il via libera : la legge di riforma del sistema audiovisivo pubblico si ripercuoterà sugli ISP e di conseguenza sui cittadini della rete. I provider dovranno alimentare artificialmente radio e tv pubblica con 370 milioni di euro, verranno tassati fino allo 0,9 per cento sul loro fatturato . Poco importa che molti dei netizen abbiano scelto di attingere solo alla rete per l’informazione e l’intrattenimento che dispensava in precedenza il servizio pubblico: la tassa, qualora venisse approvata dal senato nel mese di gennaio, si riverserà inevitabilmente su coloro che hanno sottoscritto un abbonamento a Internet.
Gli ISP hanno parlato chiaro : “Non dobbiamo essere i principali contributori di questa misura, perché non esiste alcun collegamento diretto tra noi e la televisione pubblica”. Una tassazione imposta agli ISP, sottolineano i provider della Fédération Française des Télécoms , costringerà gli operatori della rete a cambiare i loro programmi, a ridimensionare gli investimenti, a rallentare sensibilmente le prospettive di sviluppo della copertura, della fibra, del mobile. Se il Senato dovesse apporre il sigillo alla proposta di legge, gli ISP promettono di sottoporla ad un controllo di costituzionalità.
Concordano con i provider i membri di Renaissance numérique , think tank di cui fanno parte accademici e rappresentanti degli operatori della rete quali Google e MySpace: “Una tale logica di tassazione delle nuove tecnologie penalizzerà l’economia digitale francese che costituisce un serbatoio potenziale di crescita e d’impiego in questa congiuntura incerta”. Sottrarre risorse ai circuiti economici della rete, osservano da Renaissance numérique è in netta controtendenza rispetto ai progetti di sviluppo digitale in cui la Francia ha deciso di investire, è in netta controtendenza con quanto accade oltreoceano, dove Barack Obama considera Internet un volano per la ripresa. Ma Obama nulla può nei confronti dei legislatori dello stato di New York, che meditano di volersi accodare ad un altro manipolo di stati tassando il download di contenuti digitali per rimpinguare le casse dell’amministrazione. Ma la sovrapposizione tra la Rete e i media tradizionali non si verifica in Francia solo nei travasi di denaro: Frédéric Lefebvre, deputato della maggioranza, avrebbe voluto iniettare nella riforma del sistema radiotelevisivo francese un emendamento volto a tutelare i cittadini dalle minacce della rete . L’idea era quella di stilare una carta dei diritti dell’infanzia, un protocollo d’intesa negoziato fra gli addetti ai lavori e il Conseil supérieur de l’audiovisuel ( CSA ), l’autorità indipendente che si occupa di vigilare sul sistema radiotelevisivo, una commissione censura che tutela i cittadini francesi da bocconi mediatici indigesti.
La CSA, nei piani di Lefebvre, avrebbe dovuto occuparsi di vigilare sulla rete come vigila sulla televisione : “Molti bambini sono guidati sulla via della violenza a causa di Internet – sostiene il deputato – certo Internet non è nel suo complesso un ambiente violento, ma le organizzazioni criminali e coloro che agiscono nell’illegalità preferiscono operare laddove lo stato è meno presente”. “Trafficanti di armi, droga o merci rubate, gli sfruttatori hanno trovato rifugio su Internet – arringa Lefebvre – e psicopatici, stupratori, ladri e razzisti hanno fatto della rete il loro covo”.
Per questo motivo non bisognerà semplicemente investire i provider della responsabilità di tenere il passo con la blacklist di stato , ma sarà necessario coinvolgere un’autorità indipendente che epuri la rete dai contenuti più sconvenienti e imbollini i siti adatti a tutti i tipi di pubblico. Rumoreggiano gli intermediari della rete, da Microsoft a Google, da Yahoo a Dalilymotion: “Internet non è la televisione – denunciano in una lettera aperta dell’ Association des Services Internet Communautaires ( ASIC ) – la proposta di legge è destinata a modificare profondamente il quadro d’insieme di Internet”. “Si tratta di un disastroso amalgama di Internet e televisione – spiegano – il CSA non ha poteri del genere nemmeno sulla televisione”.
Ma la proposta del deputato non è stata accolta con lo stesso successo con cui l’Assemblea Nazionale ha premiato il travaso di fondi dalla rete ai media mainstream. Ha attecchito solo uno degli aspetti della proposta: se il senato accogliesse il testo integralmente, il CSA sarà incaricato di monitorare la pubblicità che alimenta i siti di sharing di contenuti creati dai netizen: il CSA dovrà verificare che i banner e i link pubblicitari “non nuocciano allo sviluppo fisico, mentale o morale dei minori”. La proposta originaria di Lefebvre non verrà abbandonata: la famigerata loi Création et Internet , con la quale la Francia intende inaugurare una nuova stagione della tutela della proprietà intellettuale concedendo a privati di indagare sui netizen e di stroncare connessioni, potrebbe contenere un articolo dedicato alla tutela pervasiva dei minori.
Gaia Bottà