In Francia non si potranno più nominare “Twitter” o “Facebook” in tv o in radio, a meno che non siano specificatamente legati ad una notizia . Non si tratta di una paradossale decisione presa nel corso dell’ eG8 fortemente voluto da Nicolas Sarkozy, né di un nuovo stratagemma architettato dall’Eliseo nell’ottica di HADOPI, ma di una questione teoricamente legata alla pubblicità indiretta.
Questa decisione è stata divulgata dal Conseil supérieur de l’audiovisuel (CSA), autorità francese garante del settore audiovisivo, che ha ritenuto che formule come “seguiteci su Twitter” o “mettete un mi piace su Facebook” costituiscano una forma di pubblicità subliminale e debbano dunque essere sostituite con il generico “cercateci sui social network”, senza nominarli specificatamente.
Anche se per gli osservatori anglofoni la vera ragione del bando è da individuare nell’ostilità di Parigi nei confronti dei prodotti basati su lingua inglese che dominano il mercato, non si tratterebbe , secondo le ragioni ufficiali, dell’idiosincrasia francese per i termini e in generale i prodotti culturali stranieri che l’hanno già portata a imporre una quota minima di musica francese alla radio, ma di una questione puramente commerciale che ritiene i due più importanti social network come delle aziende che in quanto tali devono essere trattata alla stregua delle altre.
Secondo un decreto francese del 1992 , infatti, è proibita la pubblicità subliminale e secondo il CSA anche il nominare i due social network per integrare l’informazione di un telegiornale costituirebbe una “forma di distorsione della competizione” dal momento che favorirebbe aziende milionarie come Facebook e Twitter a discapito degli altri concorrenti .
Le autorità francesi, di fatto, ignorano la natura peculiare dei social network e in particolare la funzione di dibattito pubblica assunta recentemente da Facebook e Twitter, per considerarle delle mere aziende fornitrici di un servizio in competizione con altri.
Claudio Tamburrino