Da sempre la Francia è tra i paesi del vecchio continente che più premono affinché venga introdotta la cosiddetta Digital Tax (o Web Tax), forzando le realtà hi-tech d’oltreoceano a versare un’imposta nei paesi europei in cui generano profitti. In mancanza di quell’accordo globale invocato ormai mesi fa da Bruxelles, che sarebbe dovuto passare da una trattativa alla quale gli Stati Uniti si sono sottratti, Parigi ha intenzione di proseguire comunque e fare da sé.
Digital Tax: la Francia non aspetta gli altri
Lo ha ribadito Bruno Le Maire, Ministro dell’Economia, confermando quella che di fatto è da sempre la posizione francese. La questione è complessa e in gioco, oltre a ingenti somme, ci sono delicati equilibri di natura diplomatica. Riportiamo di seguito in forma tradotta le sue parole, raccolte dalla redazione del sito Politico a margine di un incontro.
Con gli Stati Uniti è sempre stato tutto chiaro. In assenza di un accordo all’OCSE dovremmo far leva su una nostra tassa nazionale. Su questo non c’è mai stata alcuna ambiguità.
Nonostante l’iniziale apertura che a un certo punto ha lasciato intravedere una possibile intesa, gli Stati Uniti hanno lasciato cadere nel nulla le trattative, costringendo di fatto i paesi europei a rinunciare alla prospettiva di poter far cassa tassando giganti come Google, Facebook, Amazon e Apple solo per fare alcuni esempi.
I toni della discussione sono andati inasprendosi in estate quando Washington ha minacciato l’introduzione di sanzioni nei confronti di Parigi. Già a fine 2019 il Presidente USA aveva parlato di veri e propri dazi pari al 100% del valore sulle importazioni di beni come champagne, capi d’abbigliamento e generi alimentari inclusi formaggi e yogurt.
Anche l’Italia ha più volte manifestato la volontà di appoggiare l’introduzione della Digital Tax, invocando però un approccio più cauto, basato anzitutto sul dialogo tra le parti interessate.