È la previsione della Francia, forse eccessivamente catastrofista, considerando come fino ad oggi l’Europa sia rimasta senza un appiglio comune a cui aggrapparsi per tassare i profitti dei colossi hi-tech d’oltreoceano. Bruno Le Maire, Ministro dell’Economia e delle Finanze transalpino, spinge il vecchio continente ad accelerare i tempi e definire la Digital Tax per una sua attuazione entro il 2020.
G20: segnali di intesa sulla Digital Tax
L’UE la ha già ad ogni modo definita una priorità assoluta. Il tema è stato discusso anche al G20 di Riyad coinvolgendo l’OCSE. In gioco non ci sono non solo le imposte da applicare a Google, Facebook, Amazon e agli altri big statunitensi, ma le contromosse che Washington è pronta ad attuare nei confronti dei singoli paesi europei: già nei mesi scorsi si è parlato di dazi fino al 100% sull’importazione negli USA di prodotti come champagne, capi d’abbigliamento e generi alimentari provenienti dal territorio francese, in risposta alla tassa del 3% decisa in autonomia da Parigi in attesa che a Bruxelles si muovesse qualcosa. Gli Stati Uniti non arretrano di un centimetro: queste le parole attribuite al Segretario al Tesoro, Steven Mnuchin.
Siamo sempre stati coerenti nel dire che riteniamo la natura della tassa sui servizi digitali discriminatoria nei confronti di alcune aziende, specialmente quelle USA. Il Presidente è stato chiaro, procederemo con dazi reciproci.
Una questione delicata, tanto sul fronte economico quanto su quello diplomatico. Le intenzioni dell’OCSE sono quelle di arrivare entro luglio a definire un impianto normativo in vigore poi entro fine anno. Il consenso c’è e per la prima volta al G20 si è manifestato in modo condiviso, la strada è segnata.