Dopo lo scalpore e le prime reazioni seguite all’arresto dell’operatore di Freedom Hosting per attività di supporto alla pedopornografia , arriva ora la conferma ufficiale di quello che molti già sospettavano: a “incastrare” Eric Eoin Marques e a buttare giù uno dei servizi di hosting più usati dai nodi del network di Tor sono stati gli agenti dell’FBI.
Il Bureau statunitense ammette il coinvolgimento nell’ affaire Freedom Hosting per bocca dell’agente speciale Brooke Donahue, chiamato a testimoniare davanti a un giudice irlandese nel procedimento in corso contro l’attività online di Marques. L’uomo, che rischia l’estradizione verso gli USA, si è visto per l’ennesima volta negare la possibilità di uscire di galera su cauzione.
In realtà, stando a quanto ha rivelato Donahue, il sospetto “facilitatore” della circolazione di materiale pedopornografico sul network dei siti “.onion” si era accorto dell’intromissione di un agente “esterno” sui server di Freedom Hosting e aveva provato a intervenire mettendo temporaneamente fuori gioco l’FBI.
Ma gli agenti statunitensi sono stati bravi a sfruttare una vulnerabilità nella versione ESR di Firefox 17, costringendo il browser degli utenti di Tor – tramite iframe malevolo – a comunicare l’indirizzo IP reale della macchina e non quello anonimizzato, per poi trasferire le informazioni su un server localizzato negli Stati Uniti.
Dietro quel server si nasconde un’organizzazione formalmente sconosciuta, a parte l’ISP – Verizon – e un datacenter localizzato ad Ashburn, nello stato della Virginia. Per quanto riguarda Marques, Donahue ha spiegato che l’uomo era alla (presunta) ricerca di un nuovo paese in cui trasferire se stesso e l’hosting (forse in Russia) così da rendere più problematica l’estradizione verso gli States.
Alfonso Maruccia