Intoppo non da poco sul percorso che dovrebbe portare all’asta delle frequenze liberate dal passaggio al digitale terrestre , e da cui Governo vorrebbe recuperare 2,4 miliardi di euro: mancano quelle al momento di proprietà del Ministero della Difesa.
L’offerta di frequenze dello Stato italiano alle telco avrebbe dovuto contenere, oltre a quelle liberate dalle TV locali e corrispondenti agli 800 Mhz, anche le frequenze a 2,6 Ghz indispensabili per la realizzazione dell’LTE di prossimità. Tuttavia la Difesa che le detiene, ma non le utilizza, chiede ora un corrispettivo economico per rilasciarle . Così, nel Piano nazionale di ripartizione delle frequenze pubblicato sul sito del ministero dello Sviluppo economico queste non figurano.
Si stava, insomma, vendendo la pelle dell’orso prima di averlo catturato: già si era aperto il dibattito sul destino dei 2,4 miliardi di euro attesi dall’asta sulle frequenze liberate con il digitale, con le parti divise tra la costituzione di un nuovo “tesoretto” per permettere al Governo interventi finanziari di varia natura, e l’obbligo di specifico reinvestimento nel settore digitale originario dei fondi.
Le procedure sono ancora da stabilire: per il momento l’Agcom ha avviato quelle di sua competenza per quanto riguarda la messa a punto del bando di gara. Per il resto sembra concretizzarsi lo strumento del beauty contest , che lascia ampio margine di discrezionalità all’autorità competente alla scelta, e il ministero dell’Economia attraverso la legge di stabilità 2011 ha stabilito la scadenza entro cui tutto dovrebbe svolgersi: settembre.
Sembra peraltro riduttiva la volontà di ispirarsi al “modello tedesco”, paese poco comparabile sia a livello di popolazione, che di PIL, che dal punto di vista tecnico dal momento che la Germania prevede un limite alle emissioni che va dai 42 ai 60 Volt/m mentre in Italia si ferma a 6Volt/m. D’altronde, le regole necessarie e le valutazioni delle frequenze possono cambiare notevolmente da paese a paese, come dimostra l’asta appena conclusa in Svezia e che ha permesso a tre operatori di aggiudicarsi la bande degli 800 Mhz per un totale di circa 233 milioni di euro, l’introito minore finora registrato in questo tipo di aste e inferiore del 63 percento rispetto a quanto ottenuto da Berlino.
E ottimistica sembra, per il momento, la previsione dell’asta per settembre: in questi giorni sul tavolo del ministero dello Sviluppo Economico ha preso il via il nuovo corso del Piano nazionale di ripartizione delle frequenze, ed è già partito con l’handicap della rumorosa assenza di un pacchetto di frequenze necessario agli investitori. Nelle quote di spettro il cui uso è da riorganizzare prende in considerazione solo la banda che va dal 790 agli 862MHz , che passeranno dalla televisione ai dispositivi mobile per servizi di comunicazioni elettroniche, mentre non si parla dei 2,6 Ghz della Difesa.
Si attendono, peraltro, ancora le audizioni con le parti interessate che potrebbero portare ad un’ulteriore ridimensionamento dell’operazione: giovedì è il turno delle TV locali, le cui associazioni principali, Aerenti-Corallo e Frt, già promettono battaglia chiamando in ballo le frequenze destinate a finire nel corso dell’operazione ai grandi operatori nazionali Mediaset, Sky e Rai: “Ingiusto sacrificare quote di frequenze alle TV locali mettendo a rischio centinaia di posti di lavoro, quando alle TV nazionali verranno assegnate gratis, in beauty contest, i 5+1 multiplex”.
Proprio la loro opposizione spinge le telco a pensarci due volte prima di compiere un così ingente esborso: le emittenti locali occupano ancora lo spettro destinato all’asta e nel caso la situazione non si risolva consensualmente con la liberazione effettiva delle frequenze prima dell’asta il tutto sembra destinato inevitabilmente a complicarsi. Come nel dibattuto affaire Rete4-Europa7, si tratta di una materia niente affatto scontata che rischierebbe di lasciare chi eventualmente si aggiudica le frequenze a dover affrontare una battaglia legale dall’esito imprevedibile. Assotelecomunicazioni ha spiegato che è sentito il timore di dover sostenere un ingente esborso all’atto dell’aggiudicazione della gara con la prospettiva però di non aver alcuna certezza di ritorno dell’investimento , a causa della “mancanza di certezze sui tempi di liberazione e assegnazione dello spettro frequenziale”.
Per questo non va giù agli operatori che la disponibilità delle frequenze sarà garantita entro il 31 dicembre 2012, mentre l’esborso è richiesto a settembre 2011 : vogliono poter pagare solo dopo l’effettiva disponibilità delle frequenze assegnate.
Sempre giovedì il ministero dello Sviluppo Economico incontrerà quello della Difesa che chiede, come d’altronde già aveva fatto in occasione delle gare per l’UMTS e WiMax, un corrispettivo economico. Queste situazioni saranno nuovamente affrontate anche dall’Agcom, che ha lanciato la consultazione pubblica in materia.
Claudio Tamburrino